lunedì 13 novembre 2017

Geo Bruschi: l'uomo dei 33 viaggi in India...


...per tacer del resto. Il suo nome è in realtà Eugenio, ma per tutti è Geo. Nomen-omen, come giustamente osserva la mia amica Elisabetta Mereu, cui sono grato per avermelo fatto incontrare. Geo come Terra. Come il nostro pianeta. Geo, classe 1930, già imprenditore di successo, fotografo, il nostro pianeta lo ha conosciuto. È stato, nel corso della sua esistenza, in oltre 130 paesi. Oggi può permettersi di vedere intitolato a se stesso il primo museo comunale permanente di Pontassieve, che per l'appunto si chiama Centro Studi Museo Geo. In questo museo, può permettersi di esporre una miriade di reperti archeologici (villanoviani, maya, etruschi, aztechi...), oltre che di maschere di svariate etnie e provenienze, tutto da lui raccolto, accuratamente catalogato e donato al Comune di Pontassieve.

In questo museo, può altresì permettersi di allestire mostre di sue fotografie. Mostre dai titoli che farebbero tremare i polsi a qualunque altro fotografo. Ne copio un paio dal sito: I mercati del mondo; I mestieri dell'arte nel mondo; Fiori e piante del mondo. Né si limita ad esporre nel suo museo. La mostra Abitare nel Mondo, altro titolo non di tutto riposo, è stata inaugurata lo scorso 3 novembre al Liceo Artistico Petrocchi di Pistoia. Gli studenti ne hanno gremito l'Aula Magna per ascoltare Geo in un silenzio ai limiti del metafisico.
Geo può permettersi tutto questo e anche parecchio altro. È stato, abbiamo detto, in oltre 130 paesi. Mai senza una macchina fotografica a tracolla. Mai senza tenere aperti non dico gli occhi e gli orecchi, ma tutti quanti i pori, per vedere, conoscere, (cercare di) comprendere, imparare. Con grande, disarmante umiltà.

Geo con l'amico Nano Campeggi. Foto di Elisabetta Mereu
La mostra apertasi nel Museo lo scorso 11 novembre ha come spunto il 50° anniversario del suo primo viaggio in India. "Nel 1967" ha raccontato "arrivammo da Firenze a Bombay a bordo di una Giulia Alfa Romeo. Lungo il percorso, tra le altre cose, più di una volta dovemmo improvvisarci meccanici. Quando arrivammo, non avevamo un aspetto molto elegante: manca poco non volevano farci entrare nell'albergo!" Da allora, Geo in India c'è tornato altre 32 volte. "50 anni in India", realizzata come sempre con la collaborazione fattiva di Laura Bati, è una sintesi di quanto Geo ha visto e fermato con l'obiettivo in tutti questi anni. Si tratti di scatti del 1967 o del 1993, si tratti di una Rolleiflex o di una Leica a telemetro, o di una moderna macchina digitale, si tratti di panorami, edifici, scene di genere, primi e primissimi piani, le - bellissime - foto di Geo hanno una coerenza e una continuità stilistica sbalorditive. Paiono far parte di un unico reportage. Ma forse, in un certo senso, è proprio così.
Geo tra il Vicesindaco di Pontassieve Marco Passerotti,
Laura Bati e Nano Campeggi

Elisabetta Mereu cita su Facebook una frase di Pier Francesco Listri che mi pare riassuma le sensazioni che si possono provare visitando la mostra, per la quale avete tempo fino al 14 gennaio: “Chi ha la fortuna di osservare le splendide foto di Geo, ascoltando insieme i suoi racconti è come se girasse il mondo sfogliando un’enciclopedia che descrive cose che nelle enciclopedie non ci sono!”.

D'altronde Geo, anche nel pomeriggio dell'inaugurazione, non si è limitato a raccontare dell'India. La Spagna è un'altra delle (tante) sue grandi passioni. Troverete alcuni suoi splendidi scatti iberici qui. Gli ho chiesto i particolari di un suo incontro storico: quello con Ernest Hemingway. "Avvenne nel 1959 a Pamplona, per la Fiesta di San Firmino. Ne sono appassionato quanto lo era lo scrittore, e ho partecipato a sei encierros, le corse dei tori per le vie del paese fino alla Plaza de Toros. Quella volta finii a terra, e tre tori mi scavalcarono prima che gli addetti mi tirassero via dalla strada. Risalii poi la via, un tantino ammaccato ma non ferito, fino al bar della piazza dove, a uno dei tavolini, erano seduti in quattro: i due toreri Luis Miguel Dominguín e Antonio Ordoñez, Ernest Hemingway e Cesarino, l'autista veneto di quest'ultimo. Dominguín era già sposato con Lucia Bosè, sicché l'italiano lo sapeva, e mi dette testualmente di bischero, perché secondo lui ero troppo vecchio per partecipare all'encierro." In realtà aveva 29 anni. "Hemingway mi domandò se avevo avuto paura. Gli risposi: non ne ho avuto il tempo."
In Un'estate pericolosa, uscito postumo, lo scrittore parla dell'estate 1959 e della rivalità tra Dominguín e Ordoñez, che proprio quell'anno toccò il suo apice. Quando narra della Fiesta di San Firmino, cita la risposta di Geo.

Con me ed Elisabetta Mereu
Geo mi ha promesso a breve un nuovo incontro con me ed Elisabetta per mostrarci altre sue foto e raccontare altre sue storie. Quante può averne da narrare un uomo che ha viaggiato? E io ce la metterò tutta per riportarne qualcuna in modo per lo meno non indegno. È una promessa.




Nessun commento:

Posta un commento

I commenti sono liberi a tutti & benvenuti, Sono apprezzate precisazioni, segnalazioni di refusi, integrazioni. Ma sempre - e purtroppo non si può più dare per scontato - all'insegna della buona educazione.