Vi aspetto alle 16.30 di domenica 20 maggio a Villa Poggio Reale, alla Rufina (FI), dove racconterò la storia di Filippo Paladini. Pittore troppo spesso liquidato come manierista, in Toscana è meno conosciuto di quanto merita perché lavorò solo a Malta e in Sicilia, e non esattamente per libera scelta. Ma era nato (lui quasi di sicuro, il babbo di sicuro senza quasi) a Casi della Rufina. Ciò che segue è una specie di pillola introduttiva, come tale forse un po' frammentaria, di quanto narrerò.
La prima biografia di Filippo Paladini fu redatta nel 1724 da Francesco Susinno (1665 ca.-1730), all'interno delle sue Vite de' pittori messinesi. Non sono riuscito a rintracciare le Memorie del dipintor da Firenze Filippo Paladini, opera di Carmelo La Farina datata 1836, mentre è facilmente reperibile on line l'ampia monografia (1882) di Gioacchino Di Marzo Di Filippo Paladini, pittore fiorentino della fine del secolo XVI e de' primordi del XVII, in cui sono riportati tra l'altro i documenti che ricostruiscono i drammatici fatti di cronaca di cui Paladini fu protagonista nel 1586 e ne determinarono il destino. Questo testo è oggi ancor più prezioso in quanto gli originali di questi documenti furono alluvionati nel 1966.
La vicenda umana di Filippo Paladini presenta tuttora numerosi aspetti oscuri e veri e propri buchi temporali, come quello tra il 1595 e il 1598, periodo in cui egli letteralmente scomparve. Tra i contributi per ricostruirne almeno la vicenda artistica, meritano di essere ricordati quello di Enrico Mauceri, che nel 1910 pubblicò Due volumi di disegni di Filippo Paladino, con numerose, illuminanti illustrazioni, e quello di Severina Calascibetta (Filippo Paladino, 1937).
Nuove ricerche scaturirono dalla grande mostra retrospettiva allestita a Palermo nel 1967. Nel 1986, Maria Grazia Paolini portò contributi in parte inediti nella monografia all'interno del catalogo della grande mostra dedicata al Seicento fiorentino. Tra gli studi più recenti, ricordo Filippo Paladini - un manierista fiorentino in Sicilia di Sergio Troisi, (Kalòs, Arte in Sicilia, 1997), e "Un genio vagante... in giro nella Sicilia" - Filippo Paladini e la pittura della tarda Maniera nella Sicilia centrale" di Paolo Russo (Edizioni Lussografica 2012), dai quali ho attinto a piene mani per preparare l'incontro, mentre ho più di un debito di gratitudine nei confronti di Ludovica Sebregondi di cui ho consultato diversi testi, alcuni da lei fornitimi personalmente.
Filippo di Benedetto di Gregorio di Paladino nacque in data imprecisata, un tempo fissata al 1544, oggi secondo molti storici da posticipare all'incirca di un decennio. La sua formazione fu rigorosamente fiorentina, anche se - tanto per cambiare - non si conosce il suo maestro. Voglio dire, non si sa chi è stato a mettergli il pennello in mano. Non poteva non risentire dell'influenza dell'allora dilagante manierismo, anche se, ribadisco ancora una volta, definirlo 'solo' un manierista è per me riduttivo.
Paladini non possedeva il genio prorompente di Michelangelo Merisi, ma aveva un talento straordinario. I loro rapporti furono artisticamente più stretti di quanto non si pensi. Paladini era abbastanza intelligente per comprenderne la genialità ed esserne influenzato, e troppo intelligente per limitarsi a scopiazzarlo. Ecco perché ho voluto dare questo titolo all'incontro: quasi un altro Caravaggio.
Si è ipotizzato che i due artisti si siano anche conosciuti di persona. Non è improbabile. Nel 1608 Caravaggio realizzò la grandiosa Decollazione a Malta, e Paladini la vide sicuramente nello stesso anno. Ma non ci sono documenti né testimonianze, e il Susinno, che non si risparmiò nel narrare episodi aneddotici, non ne fa cenno. Scrive però, nella biografia del Caravaggio:
Un giorno andò a visitare li quadri che sono nella basilica di S. Maria di Gesù [a Messina], fra quali osservandone alcuni del prenarrato Cattalani, colla solita satira diessi a celebrare una tela fra quelle di Filippo Paladino fiorentino e pittore raffaellesco come sopra si è detto. In essa si rappresenta la Vergine in gloria con al di sotto S. Antonio da Padova e S. Caterina vergine e martire, figure amendue in piedi. La satirica lode fu questa: Or questo è quadro e l'altre tele son carte da gioco, intendendo così rovesciare la vaghezza del Cattalani, perché il Caravaggio valevasi dei quell'ombre gagliarde che nel Cattalani non si osservano, essendo un altro stile oppostissimo: uno troppo delicato e dolce, l'altro troppo aspro e fiero.
Al di là della sua autenticità, l'episodio può essere ad ogni modo indizio di una stima reciproca tra Michelangelo e Filippo. Di Antonio Catalano detto l'Antico (1560?-1604?), artista come s'è visto inviso al Caravaggio ma ad esempio ammirato da Mattia Preti, ho potuto al momento rintracciare sul web solo l'Andata al Calvario qui sopra.
Lo stile di Filippo Paladini risentì dell'incontro con Michelangelo Merisi a paratire dal 1608, ma non al punto di esserne stravolto. Seppe invece modularlo, proseguendo un percorso già precedentemente iniziato, che si allontanava dalla maniera per dirigersi verso un naturalismo solenne ma essenziale, e che rimase inconfondibilmente fiorentino. Una fiorentinità che neanche Caravaggio scalfì. In definitiva, il vanto di Filippo Paladini rimane, seppure con, chiamiamoli così, gli arricchimenti caravaggeschi, quello di aver portato Firenze in Sicilia. E i siciliani apprezzarono. Già prima del suo arrivo, specialmente grazie all'attività degli ordini religiosi, in particolare i frati Cappuccini, c'era stato un intenso traffico di opere toscane verso l'isola, come l'Adorazione dei pastori di Alessandro Allori, che vedete qui sotto (1578, Duomo di Carini). Ora però avevano un artista fiorentino in casa, e non si lasciarono sfuggire questa fortuna, che peraltro seppero gestire nel migliore dei modi.
Un elenco dei luoghi in cui Paladini lavorò risulterà per forza incompleto, se si tiene presente che parecchie sue opere sono andate distrutte da terremoti, eventi bellici, furti, incuria. Lavorò a Siracusa, Scicli, Modica, Vizzini, Caltagirone, Castrogiovanni, Calascibetta, Piazza Armeria, Palermo, Enna.
Si firmò sempre Philippus Paladinus florentinus, dimostrando come e quanto la sua origine era per lui motivo di orgoglio e di vanto.
Non ho voluto inserire immagini di opere di Filippo Paladini in questo post. Ne mostrerò una quantità durante l'incontro. Spero di aver risvegliato un po' di curiosità in chi legge. L'appuntamento è a Villa Poggio Reale alla Rufina, domenica 20 maggio alle 16.30.
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