lunedì 2 luglio 2018

Si riparla (finalmente) di Tonino D'Orio.


Ci sono tre giorni, tra giugno e luglio, in cui da diversi anni a Borgo San Lorenzo l'angusto e fascinoso Vicolo di Castelvecchio diventa, su iniziativa principalmente delle mie amiche Beatrice Niccolai e Daniela Cappelli, il Vicolo della Poesia. Per tre sere si parla di poesia, di letteratura, di arte, di cinema, si racconta, si recita, si suona, si canta. L'edizione 2018 ha avuto per titolo Il cielo mi guida e, lungo il fine settimana 29-30 giugno-1° luglio, si sono alternati sul palco poeti, musicisti, registi, voci recitanti, mentre sulle pareti del vicolo, bonus non indifferente, è stata allestita una retrospettiva di Tonino D'Orio.
Feci amicizia con questo autentico uomo del Rinascimento  quando collaborai fattivamente alla realizzazione della mostra Pittore di paesaggi e sentimenti che si tenne nel 2016 a Vespignano: curai le foto del catalogo, e ne sono tuttora orgoglioso. 

David Cantina presenta la mostra di Tonino D'Orio a Vespignano.
Sullo sfondo Rosalba D'Orio, Giuliano Paladini e Carlotta Tai. Aprile 2016
Veramente, Tonino D'Orio non l'ho mai incontrato. La mostra alla Casa di Giotto era in occasione del centenario della nascita. Ma le conversazioni con i figli Benedetto e Rosalba, così come quelle con l'amico storico dell'arte David Cantina, furono così sentite, ne ricavai un ritratto così vivido, che ebbi l'impressione di conoscerlo di persona. E che fosse ancora vivo. Ecco cosa scrissi all'epoca:

Il Vicolo della Poesia, 2018
Nato nel 1916 a Roccasecca (FR), come S. Tommaso d’Aquino e Severino Gazzelloni, del quale fu grande amico, da giovane suonava praticamente tutti gli strumenti a corda. Il suo preferito, un violino, rimase seppellito sotto le macerie della Seconda Guerra mondiale. Comprò allora un mandolino, di cui divenne virtuoso ed ebbe anche alcuni allievi. Fece teatro sotto l’egida dell’Enal di Frosinone, recitò con Dora Calindri, sorella di Ernesto, curò diverse regie. Fu organizzatore di innumerevoli feste con gruppi folcloristici ciociari. Capitano negli Alpini, entrò nell’Intendenza di Finanza e, quando nel 1957 vinse un concorso alla Dogana, si trasferì a Firenze. Fino ad allora aveva dipinto saltuariamente, ma l’incontro col suo maestro Gino Paolo Gori, di cui frequentò con assiduità lo studio, fu fondamentale: dal 1959-60 si dedicò esclusivamente alla pittura, fino al 1977, anno della prematura scomparsa. 

Benedetto D'Orio nel Vicolo della Poesia
Queste brevissime note biografiche possono far esclamare a chi ammira i suoi dipinti: ah, ecco! Perché un’opera di Tonino D’Orio, come una poesia dell’ermetismo, reca la sensazione che a monte ci sia qualcos’altro. Molto altro. Non di rado un microcosmo. Che non poteva provenire da qualcuno che non avendo di meglio s’improvvisò pittore, ma solo da un artista a tutto tondo, con un retroterra sconfinato e dalle mille sfaccettature.

Donna viola, 1973
Sbalordisce la coerenza stilistica dei suoi dipinti. Guardate la continuità tra un paesaggio industriale e un tramonto lacustre. Guardate le sue donne, dipinte o disegnate spesso in pochi tratti. O era sempre la stessa? Guardate i suoi cieli, e faccio mie le parole del mio amico David Cantina nella nota al bel catalogo della mostra: “Un cielo che accoglie sotto di sé una natura fatta di declivi, talvolta brulli, talvolta boscosi, strade di campagna, laghi in cui il sole si immerge liquefacendo la sua luce sugli specchi d’acqua, campagne velate dalla nebbia dove si possono riconoscere alcune case, rovine industriali divorate dalla vegetazione”. Personalmente ho un debole per certe sue vere e proprie miniature, dipinti di dimensioni ridottissime in cui pennellate dense e materiche, non di rado poche, non di rado puro colore, forgiano nondimeno un brulichio di contenuti emozionali su cui meditare.
Per alcuni questa esposizione sarà una riscoperta, per molti una scoperta. Tutti ne concluderanno inevitabilmente che Tonino D’Orio ci ha lasciati troppo presto.

Paesaggio, 1969 ca.
Nel Vicolo della Poesia, David Cantina è tornato a parlare di Tonino. Ne ha parlato come pittore di cieli (D'Orio diceva di avere visto migliaia di tramonti e nemmeno un'alba). Ha descritto alcuni dipinti esposti, come quello dei due spazzini che lavorano in un viale di Prato che non esiste più. Ha raccontato delle sue esposizioni nei quattro angoli del globo, da Boston a S. Pietroburgo, allora Leningrado. Delle quotazioni delle sue opere, che nell'anno della morte, il 1977, sul Bolaffi andavano dalle 450.000 al milione di lire di allora. E ha concluso che il Vicolo della Poesia è stata una occasione eccellente per tornare a parlare di Tonino D'Orio.

Gli spazzini, 1967

Io, nel mio piccolo, non posso che fare altrettanto, e ricordare una volta di più questo personaggio discreto e taciturno, il quale preferiva che a parlare per lui fosse la sua opera. Tutta la sua opera. Non possiamo conoscere i suoi concerti, le sue recite, le sue regie. Appartengono a un'epoca in cui non si era ossessionati dall'idea di riprendere filmare fotografare registrare tutto.  Restano i suoi dipinti, testimoni del bellissimo percorso umano compiuto da - lo ribadisco - un uomo del Rinascimento che non dimenticò mai di vivere nel XX Secolo.



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