sabato 11 febbraio 2017

Elisa Marianini e il Nuovo Umanesimo di Tito Chini


Tito Chini (Firenze 1898 Desio 1947), figlio di Chino e fratello di Augusto, studiò presso la Scuola d'Arte in Piazza Santa Croce a Firenze e si diplomò nel 1916. Collaborò giovanissimo con le Fornaci San Lorenzo divenendo nel 1925 direttore artistico dopo l'abbandono di questo ruolo da parte di Galileo. Fu protetto dal conte Guglielmo Pecori Giraldi, maresciallo d'Italia e suo superiore in guerra. Ottenne varie committenze per la decorazione di ville gentilizie in Mugello ed anche di memorie legate al ricordo dei caduti della Grande Guerra, in particolare eseguì affreschi a Palazzuolo sul Senio, nell'Oratorio del Pasubio, nel Duomo di Schio, nel Tempio Ossario di Bassano del Grappa e nel Caffè Margherita di Viareggio, eseguì le vetrate dell'Hotel Roma a Firenze, collaborò alla progettazione del complesso termale di Castrocaro realizzando tutto l'apparato decorativo interno ed esterno. Numerosa e artisticamente importante risulta la sua produzione in Mugello spesso offuscata dalla celebrità di Galileo Chini. A Borgo San Lorenzo nel 1931 progettò e decorò il Palazzo Comunale (la foto d'apertura lo ritrae davanti al Sacello Ossario sul Pasubio).

Questa nota biografica, straordinaria nella sua essenzialità, è opera della mia amica Elisa Marianini, pittrice, restauratrice, divulgatrice ecc. ecc. (non ne conosco tanti che, a nominare le loro attività, possono permettersi un ecc. ecc.!).
Elisa con la figura di Tito Chini ha da sempre un rapporto privilegiato. L'atto più recente di questo rapporto è la pubblicazione di uno splendido volume pubblicato dai tipi di Francesco Noferini, intitolato Percorsi di luce - una lettura esoterica del palazzo comunale di Borgo San Lorenzo e di altre opere di Tito Chini, frutto di un lavoro durato oltre dieci anni.

Elisa Marianini presenta il suo libro nella Sala consiglio del palazzo comunale di Borgo S. Lorenzo
Durante la presentazione, tenutasi lo scorso 18 dicembre nello stesso palazzo comunale, Elisa parlò di un nuovo umanesimo come elemento decisivo nella vicenda di questo artista che si sposò nella cappella dei pittori in SS. Annunziata a Firenze, si batté perché l’arte entrasse nella quotidianità e, in una lettera redatta due anni prima della morte, scrisse di vedere il futuro come un serramento infinito.
"Nuovo umanesimo" mi spiega adesso Elisa "nel senso che Tito voleva porre in primo piano i valori dell'uomo come costruttore di se stesso, un'idea vicina a quella di un Pico della Mirandola. Questi assegnava all'uomo un privilegio: quello di poter forgiare se stesso in modo da poter cambiare la sua posizione, salendo o scendendo di grado in dignità e valore. Una possibilità agli animali - e agli angeli - del tutto preclusa."
Tito si riconobbe nei principi della Massoneria (che, tanto per chiarire, sta alla P2 come l'Islam sta all'Isis) a partire dal primo dei comandamenti: conosci te stesso. E dal compito fondamentale assegnato a ognuno, quello di contribuire, ognuno coi propri mezzi e le proprie possibilità, alla costruzione di una sorta di grande tempio morale.

Foto di Francesco Noferini
"Tutto ciò emerge in quella che è forse la sua opera più significativa. Nel palazzo comunale di Borgo domina la stella, cioè la luce, e il simbolo più evidente a chiunque, anche profano, vi entri, è il passaggio dal buio alla luce che si compie nel salire le scale."

Foto di Francesco Noferini
Non importa soffermarsi sul resto della complessa simbologia rappresentata nel palazzo stesso, e che è minuziosamente quanto chiaramente spiegata nel libro. Ciò che importa è comprendere che, quanto più Tito Chini aveva creduto nei valori umani e umanistici, tanto più ricavò delusioni profonde e terribili frustrazioni dal susseguirsi dei fatti storici. "Tito aveva aderito a un fascismo che inizialmente gli pareva non essere privo di affinità con l'ideologia massonica. Poi però ne divenne la negazione - annullamento, altro che valorizzazione dell'uomo! -, e infatti mise la Massoneria fuori legge. Scontò in prima persona le tragiche vicende della Seconda Guerra Mondiale: il bombardamento e distruzione delle Fornaci, la disoccupazione, la disperazione." Era ridotto a uno scheletro quando scrisse del già citato serramento infinito. Era il 1945. Sarebbe vissuto (malissimo) ancora due anni.
Dopo la morte ha rischiato e, ammettiamolo, tuttora rischia un oblio causato anche dal giganteggiare straripante della figura del più celebre ed estroverso Galileo. "Solo un'analisi superficiale" precisa Elisa "può accostare i due stili artistici. I loro caratteri erano, si può dire, opposti. Uno estroverso e un po' esibizionista, l'altro del tutto schivo. Galileo Chni fu uno dei maggiori esponenti italiani del liberty. Il suo pane erano le curve, gli arabeschi, i coup de fouet, i colpi di frusta. Si deve riconoscere che non di rado percorreva volentieri strade artistiche già collaudate e sicure. Tito apparteneva all'Art nouveau, e infatti aveva come cifra stilistica, al contrario, la simmetria, le linee rette, le linee spezzate. Mai del tutto soddisfatto del proprio lavoro, si rimetteva costantemente in discussione. Di ritorno da una visita a una villa affrescata dal Tiepolo, scrisse una volta alla moglie quanto si sentiva, a confronto, una nullità."

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