giovedì 18 gennaio 2018

GABBATO LO SANTO 11: Umiliana de' Cerchi


 

Una figlia di Oliviero di Cerchio de' Cerchi, sorella di Umiliana, fu la prima moglie di Corso Donati, e le due famiglie furono alleate a Campaldino (1289). Un'armonia che durò poco, se mai ci fu. Racconta Dino Compagni che i Cerchi, scesi a Firenze dal Piviere di Acone in Val di Sieve, erano uomini di basso stato, ma buoni mercatanti e gran ricchi, e vestivano bene, e teneano molti famigli e cavalli, e aveano bella apparenza, laddove i Donati erano più antichi di sangue, ma non sì ricchi: onde, veggendo i Cerchi salire in altezza (...), cominciorono avere i Donati grande odio contra loro. Alla fine del '200 se le davano quotidianamente di santa ragione, al punto che il sestiere dove entrambe le famiglie abitavano fu chiamato il sesto dello scandalo.  La divisione in guelfi bianchi e guelfi neri, con le due fazioni capeggiate proprio rispettivamente dai Cerchi e dai Donati, rese poi la rivalità proverbiale. Ma Umiliana aveva lasciato questo mondo già da tempo.

Umiliana era nata, sembra, verso la fine del 1219 dalla prima moglie di Ulivieri. A sedici anni fu data in sposa a un uomo nobile di famiglia - i Buonaguisi secondo alcune fonti -, ma non altrettanto nobile nei modi e nei costumi. Umiliana accettò, seppure non del tutto di buon grado, il matrimonio combinato ed ebbe (almeno) due figli(e).  Gli agiografi di Umiliana, forse nel tentativo maldestro di magnificarne la devozione, aggiungono un particolare quanto meno sconcertante. Sentite cosa scrive il pur scrupoloso e documentato Francesco Cionacci (1682).

La torre dei Cerchi nella via omonima,
sul Canto alla Quarconia
Amava tantissimo i figliuoli, non come l'altre madri d'amore terreno e d'affetto naturale ma di santa e celeste carità essendoché, quando s'infermavano non n'era molto ansi[os]a, né conturbata dal timore della loro morte, ma diceva: o come sarebbon beati, se così innocenti se n'andassero e portassero seco la loro verginità. Amo meglio la morte loro (s'è volontà di Dio) ch'e' rimangan nel mondo a offenderlo, e perdano l'eredità del Paradiso.

Giuseppe Maria Brocchi aggiunge sinistramente che alcuni dei suoi bimbi,  

prima che avessero compiti cinque anni, se ne volarono al cielo, avendo forse voluto il Signore in tal maniera esaudire le sue suppliche, che era solita di fare in tempo delle loro infermità.

Tutto questo è però in contraddizione - e meno male - con un miracolo di Umiliana riportato anch'esso un po' da tutti gli autori. Silvano Razzi nelle Vite de' Santi e Beati Toscani (1593) lo riferisce così:

Essendo un giorno entrata Regale piccola fanciulletta nella camera di questa Beata sua madre, sopragiunta da un subito caso, caddè in terra, quasi morta. Di che ansia la misera madre, e povera di consiglio, gittatasi a' piè d'una tavoletta, nella quale era effigiata la Vergine, davanti alla quale soleva adorare, pregò per la incolumità, e salvezza, di essa sua figliuola. Ne fu stata così molto, che vide di essa tavoletta uscir un fanciullo, il quale, fattole sopra il segno della croce, la quasi morta fanciullina ritornò in vita, e restituì alla pristina sanità. 

E il lettore si sente riavere, non tanto per il miracolo, quanto per la ritrovata umanità materna della Beata!

Il palazzo d'angolo tra via de' Cerchi
e via de' Cimatori dove, secondo
Padre Dal Giglio, visse Umiliana.
Ad ogni modo, gli agiografi parlano dell'instancabile attività di beneficenza in cui Umiliana iniziò a prodigarsi dopo il matrimonio. Il marito non gradiva affatto veder depauperare il cospicuo patrimonio di famiglia. Fu spesso violento. Umiliana trovò per fortuna nella di lui sorella Ravenna, che viveva nella stessa casa, una preziosa alleata. Crearono una vera e propria tabella di marcia, rigorosissima. Così ce la racconta Padre Mamiliano Dal Giglio (1940):

Alzarsi la mattina di buon'ora per esser pronte, al primo suono della campana, all'ufficiatra divina, assistere alla santa messa, comunicarsi spesso e poi tornare a casa per vigilare e, all'occorrenza, per aiutare la servitù nelle faccende domestiche. Nel pomeriggio, messa al più presto in assetto la casa, uscire di nuovo per opere di misericordia, raramente per visite a signore dello stesso rango, ché queste non piacevano.

Cinque anni dopo le nozze, il marito venne a mancare e Umiliana volle comunque munirlo dei conforti religiosi. Gli offrì la sua dote perché potesse rifondere le vittime della sua - pare - attività di usuraio, ma i beni di famiglia furono sufficienti a pagare i debiti, sicché la dote le fu restituita. 
La giovane vedova visse un anno nella casa del consorte, poi tornò nell'abitazione familiare. Dovette abbandonare la prole, allora usava così. Ma Ravenna se ne prese cura.

Il padre voleva rimaritarla, ma stavolta Umiliana fu de coccio. Voleva entrare nel convento di Monticelli, condotto all'epoca da Agnese sorella di S. Chiara, e dedicarsi alle opere di carità a tempo pieno. Olivieri non la prese bene. Con un raggiro le ritirò la dote. Umiliana a sua volta la prese malissimo. Rinnegò in pratica la famiglia, si proclamò non più figlia ma serva. Non poteva più praticare elemosine come avrebbe voluto mancandole i danari, sicché si ritirò nella torre di casa per dedicarsi alla preghiera, alla penitenza e alla meditazione. Usciva la mattina per le funzioni religiose e il sabato per la Messa e per comunicarsi, e se c'era la possibilità di qualche opera benefica. Più che incarcerarsi, Umiliana si assegnò i domiciliari.

Il civico 2 di via de' Cimatori e, più avanti, l'ex Supercinema

Vestì l'abito dei Terziari francescani. Non  ne fu la fondatrice come a volte è stato scritto, ma fu con ogni probabilità la prima terziaria ad avere gli onori dell'altare. Umiliana morì nel 1246, a ventisette anni, provata e sfibrata dai digiuni e dalle penitenze che si autoimponeva. L'agiografia narra poi, classicamente, di sepolture e traslazioni della salma per collocarla in siti in grado di accogliere meglio le preghiere e soprattutto gli ex voto dei fedeli, dato che Umiliana non fu avara di miracoli dopo la sua dipartita. Frate Ippolito da Firenze ne elencò quarantasette. Quanto ai miracoli compiuti da viva si racconta, oltre che della citata guarigione della bambina, della trasformazione in vino dell'acqua del pozzo nella torre. Lo si legge anche su una lapide, oggi - salvo aggiornamenti - nel chiostro di S. Croce, ma che in origine si trovava all'interno dell'attuale, o meglio ex attuale, Supercinema. Al posto del dismesso locale vi furono in precedenza (fine '700) i primi bagni pubblici, ma prima ancora erano le abitazioni dei Cerchi, fino al civico 2 di via dei Cimatori, e qui Umiliana si ritirò. Quest'ultima notizia la devo al bel libro Donne di pietra di Elena Giannarelli e Lorella Pellis, prima edizione Giorgi & Gambi 1999. Padre Dal Giglio sosteneva che Umiliana visse nel palazzo d'angolo tra via de' Cerchi e via de'Cimatori, ove una lapide sotto quelle indicanti le vie reca scritto LOGGIA DE' CERCHI. La prima ipotesi è tuttavia confermata da Claudio Paolini.

L'Arcivescovo fiorentino Ardingo propose Umiliana come esempio di vita devota e santa. In pratica la beatificò, in un'epoca in cui era il Vescovo che poteva dichiarare Beato un servo di Dio venerato dal popolo. Lo spiega Beatrice Pucci, in Le Romite del Ponte alle Grazie di cui ho parlato qui. L'approvazione solenne del culto avvenne solo nel 1694. 
Vito da Cortona, frate minore che aveva conosciuto di persona S. Francesco, si incaricò di redigere la biografia di Umiliana lo stesso anno della morte, come un instant book. Il testo è considerato abbastanza affidabile, comprendendo ben 34 testimonianze dirette.  Il manoscritto fu in seguito tradotto dal latino e compendiato da Raffaello da Volterra e successivamente da Domenico Moreni, dato che, come afferma quest'ultimo (1827) il testo originale era scritto rozzamente anzichenò. Cionacci cita scrittori che narrarono di Umiliana in almeno otto lingue, tra cui il fiammingo e il portoghese.
La devozione dei fiorentini nei confronti di Umiliana si protrasse anche nei secoli seguenti. Nonostante avesse rinnegato la famiglia, nel 1360 Giovanni di Riccardo de' Cerchi le dedicò la cappella di famiglia in S. Croce, che poi prese il nome di cappella Riccardi, dove fu collocato il reliquiario della Beata, attribuito (ma non da tutti) a Lorenzo Ghiberti.


Feo Belcari (1410-1484), poeta, drammaturgo e autore di numerose opere devozionali, nel 1453 fece erigere sempre in S. Croce un altare in onore della Beata Umiliana. Secondo Allison Levy, autrice di Widowhood and visual culture in early modern Europe (2004), Belcari commissionò un'immagine della Beata ad Andrea del Castagno.

Di immagini della Beata Umiliana de' Cerchi in realtà ne sono rimaste davvero poche. Di quella di Andrea del Castagno non ho trovato ulteriori notizie. Oltre al reliquiario, possiamo vedere nella chiesa fiorentina di S. Trinita l'Incoronazione di Bicci di Lorenzo (foto d'apertura), in cui Umiliana compare all'estrema destra, in abito da terziaria francescana, in secondo piano rispetto alla - rimpiccolita - seconda moglie del committente (il commerciante Paolo Bernardo di Piero Bernardi), che si chiamava Umiliana di Manno di Lapaccio de' Cerchi e ne era parente alla lontana. Quando nel 1446 le morì il marito, si ritirò nel convento di S. Orsola come terziaria francescana.

Su Wikipedia si legge che Umiliana fu rappresentata da Taddeo Gaddi nell'affresco raffigurante L'albero della vita, nel refettorio di S. Croce. L'ipotesi, è stato osservato, non regge. La donna ai piedi della Croce è priva di nimbo (aureola), ed è più piccola degli altri personaggi, sicché si tratta certamente della committente.

Particolare dell'Albero della vita di Taddeo Gaddi

 Per quanto riguarda il ritratto di Umiliana presunta opera di Giotto cui fa cenno sempre Wikipedia, ne dà notizia Filippo Baldinucci nel primo volume delle sue Notizie de' Professori del Disegno da Cimabue in qua publicato nel 1681 e ripreso l'anno dopo dal già citato Francesco Cionacci nella documentata Storia della Beata Umiliana Vedova Fiorentina del Terz'Ordine di San Francesco. Scrive Baldinucci:

In casa i Cerchi posta al piè del ponte vecchio nell'antica torre de' Rossi [oggi ristorante] si conserva di man di Giotto in un loro oratorio il ritratto della B. Umiliana della stessa nobilissima famiglia de' Cerchi (...) Questo ritratto da chi oa tali cose scrive fu agli anni passati più volte ricopiato in piccola proporzione tenendosi ne' panni (quanto le più possibile senza scostarsi dall'originale) alla più morbida maniera moderna. 

A sua volta, Alberto Clovet ne ricavò un bassorilievo in rame. Sempre secondo Baldinucci, anche Fabrizio Boschi fece diverse copie dell'immagine giottesca. Ammesso naturalmente che fosse tale. Sul destino del dipinto non ho trovato notizie. Mentre ho rintracciato una delle copie, che porta in basso le firme sia di Baldinucci sia di Clovet. Ugualmente ripreso dal profilo è il bassorilievo associato alla lapide del Supercinema di cui ho parlato.
Ricordiamo infine la cappella privata, intitolata alla Beata Umiliana, del castello d'Acone, luogo d'origine, come abbiamo visto, dei Cerchi. Qui è un dipinto raffigurante l'apparizione della Madonna a Umiliana, attribuito al Guercino.

P.S. Motivi familiari mi impediscono, attualmente, di postare con la frequenza cui ero (e vi avevo) abituato. Me ne scuso con tutti. Spero di poter riprendere ben presto i ritmi usuali. Ho tante cose ancor da raccontare (cit.), e confido nella vostra comprensione. 


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