martedì 2 gennaio 2018

Il bravo prete


Don Lorenzo Milani aveva detto: "Mi capiranno fra cinquant'anni".
La visita di Papa Francesco a Barbiana, avvenuta il 20 giugno appunto per i cinquant'anni dalla morte, ne ha avverato la profezia e ha costituito il momento cruciale di una consacrazione definitiva della figura di Don Lorenzo come cristiano e come sacerdote, e non poteva non riaprire dibattiti su questo bravo prete. Non ho intenzione di intervenire in merito. Non ne ho l'autorità e il mio parere non aggiungerebbe nulla di memorabile a quanto è stato finora scritto e/o detto.
Se scrivo questo post è per segnalare e condividere due testi che ho avuto occasione di esaminare solo di recente e in contemporanea, e che - integrando tra gli altri due libri fondamentali quali la celebre biografia di Neera Fallaci dal titolo Dalla parte dell'ultimo. Vita del prete Lorenzo Milani, Rizzoli 1974 e Lassù a Barbiana ieri e oggi, Polistampa 2004, di Bruno Becchi - mi hanno aiutato a comprendere qualcosa - molto - di più sul Priore di Barbiana.


Il mio amico Fabrizio Borghini pubblicò nel 2005, per i tipi di Jaca Book, Lorenzo Milani: gli anni del privilegio. Un libro dal titolo più che esplicito, che getta (nuova) luce sulla prima parte dell'esistenza di Don Lorenzo. Un libro sotto alle cento pagine ma, come si legge nella prefazione di Cosimo Ceccuti, "frutto di anni di meticolose ricerche, confronti, verifiche, riflessione attenta su testimonianze originali e indizi".

Fabrizio Borghini
Testimonianze originali che ci parlano di un ragazzo della Firenze bene degli anni 20, in una famiglia che - quando avere un'automobile era un lusso per pochi - di automobili ne aveva due.
Lorenzo frequentava il fior fiore della cultura e della nobiltà toscana, tra Firenze e Castiglioncello (interessantissima la storia dello sviluppo di questa località, inserita perfettamente nella narrazione senza apparire un di più). Intellettuali e nobili per lo più antifascisti, "ma tutti accettavano i riconoscimenti che il fascio sapeva dare a chi se li meritava", e antifascisti più che altro perché consideravano i fascisti "un branco di cafoni con quelle orrende divise".
Ma Lorenzo comprese, seppure non dall'oggi al domani, che "la fortuna economica della sua famiglia è lievitata sulle spalle dei contadini e dei pastori dei ventiquattro poderi della tenuta di Gigliola [di proprietà Milani]". Per questo, e mi pare la frase fondamentale, la sua rigorosa, irremovibile, cocciuta volontà di promuovere il riscatto dei poveri a partire dal piano culturale, che si concretizzò nelle sue scuole, (anda)va  intesa "non come dono da fare ai poveri ma come debito da pagare". Naturalmente ho solo sintetizzato una serie di concetti complessi, che Borghini nel libro ha saputo esprimere con chiarezza invidiabile.

Io insieme con Giampiero Pagnini
Non ho la fortuna di conoscere Andrea Cecconi e Gian Franco Riccioni, i curatori di Lorenzo Milani - immagini di una vita - dall'album della sorella Elena. Ho però la fortuna di annoverare tra i miei amici l'editore Gianfranco Pagnini, che mi ha cortesemente fornito questo libro, edito nel 2013 e fatto quasi soltanto di fotografie. Fotografie private, lo si capisce anche qui dal titolo, senza dubbio non destinate ad alcun tipo di pubblicazione.

Dedicata alla memoria di Elena, scomparsa nel 2010, e realizzata con la collaborazione del marito Erseo Polacco, "Questa pubblicazione" si legge nella premessa "vorrebbe proporsi come invito ad una riflessione silenziosa su Milani e sulle sue scelte di vita: nel senso di lasciare alle sole immagini la facoltà di 'parlare, la capacità cioè di suscitare nel lettore emozioni e suggestioni attraverso il non-detto, appunto". Il volume è diviso in due parti sostanzialmente di pari importanza e consistenza. I titoli sono: I miei primi vent'anni e La seconda nascita.
Se si esaminano le foto, ci si rende conto di una differenza quasi concettuale tra le due parti stesse: nella prima le foto sono quasi tutte in posa, nella seconda sono quasi tutte istantanee. Nulla di grave per le foto in posa. Si era in un'epoca priva di Smart, quando scattare una foto familiare, pur non essendo più qualcosa di eccezionale e unico, era pur sempre un avvenimento ed era del tutto naturale per l'occasione pettinarsi, riaggiustarsi il vestito (possibilmente della festa), se si era in gruppo sistemarsi in posizione opportuna con i più piccoli o bassi in primo piano, e infine sfoderare il miglior sorriso possibile. In fin dei conti, seppure con meno accorgimenti, accade ancora oggi coi selfie di gruppo.
Messe in relazione con le prime, le foto del sacerdozio ci appaiono rivelatrici di una condizione di serenità personale, per non dire interiore, che prima in Lorenzo non c'era. Nonostante le privazioni che aveva accettato in piena scienza e coscienza, e le amarezze causategli dalle difficoltà e dalle incomprensioni. O almeno questa è la sensazione che ne ho ricavato, forse influenzato dalla frase di Don Lorenzo riportata a pagina 128:

Io poi non ero mai stato bene come ora e se dicessi che ho coronato tutti imiei sogni d'infanzia direi una bugia perché io non ho avuto mai fantasia sufficiente per sognare tanti quanti poi [la Provvidenza] me ne ha dati.

Don Milani non amava, non voleva parlare dei suoi primi vent'anni "passati nelle tenebre dell'errore". Si può comprendere una sorta di pudore da parte sua. Col senno di poi ho la presunzione di sostenere che sbagliava. Perché questi due libri ci permettono di comprendere che fu proprio in larga parte la sua preesistente condizione di privilegiato a fornirgli le basi per intraprendere il percorso che lo condusse alle scelte religiose, culturali e sociali che ne hanno caratterizzato la - straordinaria - figura.

1 commento:

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