venerdì 16 marzo 2018

Il mistero del sindaco scomparso


Questa storia parla di un individuo ignobile. Un fascista arrogante e violento che negli anni 20 del XX secolo fu sindaco di Vicchio, e pareva destinato a  un luminoso avvenire, ma d'improvviso venne inspiegabilmente messo da parte, e le sue tracce a un certo punto scompaiono. Svolsi su di lui nel 2010 una ricerca, che però per motivi di spazio rimase fuori dal mio contributo a un volume storico realizzato a più mani, dal titolo Montegiovi: se son rose fioriranno. Mugello e Val di Sieve dal fascismo alla Liberazione (Polistampa 2012).

Si chiamava Marino Marchetti. Nacque il 31 gennaio 1896 a Vicchio. Il padre Carlo, fattore, viveva in un quartiere della canonica della frazione di Caselle e aveva in affitto i poderi della Pieve. Marino seguì le orme del padre e divenne agente di beni. Abitò in località Pilarciano. Nel 1922, anno in cui partecipò alla Marcia su Roma, era Segretario politico del Fascio di Vicchio e Segretario della Cooperativa Agricola vicchiese. A questo titolo, in merito a una polemica seguita a una ‘tumultuosa assemblea’ della Cooperativa stessa, il 16 aprile dello stesso anno il Messaggero del Mugello, settimanale di Borgo S. Lorenzo, pubblicò una sua lettera, che la diceva lunga sulla sua indole:

In risposta all’articolo di Pietro, o Beppe che sia, comparso sul Messaggero del Mugello in data 9 c.m., tengo a dichiarare che son sempre pronto a dar prova della mia più, o meno, robusta muscolazione quando si tratta di difendere l’onorabilità di persone per bene quali crede essere il sottoscritto tutti i componenti il Consiglio della Cooperativa Agricola di Vicchio.

Piazza dei Giardini, Vicchio, 1923
L’attività di picchiatore fascista fu da lui vantata più volte. Il  21 gennaio 1923 venne pubblicata sul Messaggero del Mugello una lettera del maestro cattolico di Borgo San Lorenzo Antonio Cassigoli, che chiamava in causa Marchetti quale capitanante il gruppo di fascisti che lo aveva costretto all’ingestione di un bicchiere di olio di ricino. Solo molti anni dopo,  Cassigoli raccontò al mio amico Aldo Giovannini che il farmacista finse di compiacere i clienti picchiatori ma, approfittando del vetro scuro della bottiglietta, la riempì d'alchermes.  S'intende che ciò non attenua certo le responsabilità degli squadristi. Sul numero seguente del Messaggero, Marchetti rispose:

Il maestro Cassigoli fu, dai fascisti di Vicchio, purgato perché aveva pronunciato a Campestri un discorso contro il fascismo, e perché aveva proibito ad alcuni soci del Circolo “Semper Virens” di indossare la Camicia Nera. (…) In quanto poi a me, egregio maestrino, c’entro proprio per volere della sorte, perché quella sera mi trovavo a Borgo, non per capeggiare i fascisti miei paesani, che con ragione vi purgarono, come voi, da diligente pipista, malignamente affermate, ma bensì per il disbrigo dei miei affari. E di quello ne può far fede la mia visita all’Ufficio del Genio Civile e la mia operazione bancaria con l’Agenzia del Monte dei Paschi di Siena di cotesto paese. Questo per la verità.

Marino Marchetti fu proclamato Sindaco di Vicchio il 23 marzo 1923, dopo le elezioni amministrative tenutesi il 4 marzo. Il 2 dicembre, “in segno di riconoscimento per i suoi altissimi meriti di fascista”, ricevette una medaglia d’oro che gli fu conferita durante quella che il Messaggero definì una grande “Festa d’italianità a Vicchio”.
Il Congresso Provinciale Fascista lo elesse nel Consiglio Federale Fascista in rappresentanza del fascismo mugellano, preferendolo al borghigiano Agostini con 1899 voti contro 891. Nell’agosto 1924 ne divenne Vice-segretario. Nel settembre 1925 fu nominato Cavaliere della Corona d’Italia insieme con Luigi Santoni Guidi. Per tutto questo periodo mantenne la carica di Segretario Politico del Fascio di Vicchio. Il 2 maggio ebbe a Palazzuolo di Romagna, oggi Palazzuolo sul Senio, una medaglia d’oro per aver “tenuto con solerzia, competenza ed amore l’ufficio di Commissario Prefettizio di quel Comune". Intanto ,oltre che Fiduciario di Zona e Centurione della Milizia Volontaria Nazionale, divenne Triumviro della Federazione Provinciale Fascista. Fu il suo titolo forse di maggior prestigio. 
Il 1926 fu l'anno della riforma podestarile, ovvero l'eliminazione dell'elettività delle autonomie locali, in particolare i comuni, mediante la sostituzione del sindaco con l'imposizione della figura del podestà, scelto dal potere centralizzato, insomma dal fascismo. Marchetti era senza dubbio il personaggio più in vista di Vicchio, e la sua nomina a podestà avrebbe potuto sembrare cosa del tutto logica e automatica.
Cosa avvenne invece esattamente? Non è mai stato chiarito, ma in aprile 1927 non fu eletto alcun podestà. Fu nominato commissario prefettizio Luigi Santoni Guidi, apparentemente su proposta e incoraggiamento dello stesso Marchetti. Così il Messaggero dette la notizia:

La nomina a Commissario Prefettizio del nostro concittadino cav. Luigi Santoni Guidi, per quanto attesa, ha prodotto in paese la più lieta e favorevole impressione.
La scelta non poteva essere migliore. Fascista della primissima ora, Egli ha ricoperto la carica di Assessore Comunale in varie Amministrazioni. Presidente di tutte le Associazioni paesane, Giudice Conciliatore ed infine Consigliere Provinciale, si è sempre fatto distinguere per le sue ottime qualità di gentiluomo, di cittadino integerrimo, di benefattore del popolo.
(…) La grandiosa ed imponente dimostrazione che i cittadini vollero tributargli mercoledì scorso, sta a testimoniare con quanto piacere sia stata accolta la di Lui nomina a Commissario Prefettizio, che prelude sicuramente quella a primo Podestà di Vicchio.
(…) il nostro Sindaco cav. Marchetti improvvisò un bellissimo ed ispirato discorso, dicendosi lieto di avere anche egli contribuito affinché il cav. Santoni Guidi accettasse la nomina di Commissario, ritenendolo la persona più adatta a ricoprire tale carica.

Quando nel luglio seguente venne costituito a Vicchio il comitato dell’Opera Nazionale Balilla, Marino Marchetti – tuttora Segretario del Fascio - ne venne eletto Presidente. Ma per lui la fine, o meglio questo lento dissolversi era iniziato. Di sicuro, la mancata nomina non significò per lui neanche la destinazione verso incarichi di livello nazionale, come si sarebbe potuto pensare con un ragionamento in calcio d'angolo. Il Messaggero, da allora in poi, lo menzionò solo di sfuggita, per esempio quando partecipò al funerale di un fascista, o a una festa religiosa. Nel 1928 alla presidenza dell’O.N.B. fu chiamato Santoni Guidi.

Fascisti alla stazione di Vicchio, s.d.

Il 14 aprile 1929, sul n. 15, il Messaggero scrisse, in un trafiletto senza titolo:

Il giorno 15 aprile corr. con una cerimonia intimissima, causa il grave lutto della sposa, avrà luogo in Firenze il matrimonio della gentile signorina Maria Pia Giusti, figlia del professore arch. Comm. Ugo Giusti, col cav. Marino Marchetti, già Sindaco fascista di Vicchio e membro della Federazione Provinciale Fascista. Il Messaggero manda agli sposi rallegramenti ed auguri.

Maria Pia Giusti nacque nel 1910, quando i genitori (Ugo ed Eugenia Scotti) non erano ancora sposati. Il matrimonio avvenne nell’ottobre 1912, dopodiché Maria Pia fu legittimata. Del padre della sposa Ugo Giusti (1880-1928), architetto liberty meno noto che grande, scriverò a breve in un altro post.
Sul numero seguente del settimanale, un articolo più lungo dal titolo Le fauste nozze Marchetti-Giusti forniva maggiori particolari, ma l’incipit era piuttosto atipico:

Coronamento di un blando sogno d’amore [!], sono state, lunedì scorso, le fauste nozze celebrate tra il cav. Marino Marchetti, (…) e la gentil signorina Maria Pia Giusti, figlia del compianto architetto professore comm. Ugo Giusti. Dato il recente grave lutto della sposa le nozze sono state celebrate nell’intimità famigliare.

La cerimonia religiosa si svolse in Santa Lucia al Prato, quella civile in Palazzo Vecchio. Il seguito dell’articolo smentisce decisamente l’intimità famigliare dichiarata in principio, descrivendo (diremmo oggi) un sontuoso lunch seppure con ospiti non numerosi; ugualmente in contrasto con il lutto della sposa, si legge più avanti: “Agli sposi gentili, che erano raggianti di felicità, brindarono S.E. l’on. Gino Sarrocchi, l’on. Morelli, il Console Baldi, tutti facendo caldi voti di perenne felicità.”

Inaugurazione del Monumento ai caduti di Vicchio, novembre 1925
Quindici giorni dopo le nozze, il 1° maggio Marino Marchetti lasciò Vicchio e si stabilì a Firenze.
Le notizie su Marino Marchetti si fanno a questo punto ancor più frammentarie. Marchetti mantenne con ogni probabilità i contatti con Vicchio, ricomparendo tuttavia solo occasionalmente in cerimonie ufficiali non di particolare importanza, riguardanti per lo più la M.V.S.N di cui era Centurione. Nel 1931 sedò una rissa nel centro di Vicchio. L'anno seguente fu notato, con la moglie, tra i partecipanti alla Festa degli Alberi a Villore. Sempre nel 1932 nacque il figlio Giancarlo. Nel dare la notizia, il Messaggero del Mugello precisò che Marchetti era “attualmente Segretario Politico dell’Antella e di Bagno a Ripoli”. Quando, nel dicembre 1932, morì il settantaseienne padre Carlo, egli non partecipò di persona al funerale. Fu l'ultima volta in cui fu menzionato dal Mesaggero, che chiuse nel 1933.
Tutto ciò non sta a significare che Marchetti finì in rovina. Al contrario. Quando nel 1938 fu fatto il censimento delle abitazioni disponibili da parte del Comitato Comunale di Protezione Antiaerea, il Cav. Marino Marchetti, residente a Firenze in Piazza Beccarla 2, metteva a disposizione Villa Pilarciano in Padule (9 stanze; 4 letti; locali dichiarati di lusso; preferibilmente a un fratello con moglie e figlio) e Villa Bricciana in San Martino a Scopeto (12 stanze; 6 letti; locali dichiarati per ceto medio; con richiesta di £. 500 mensili di pigione).
Nello stesso anno, però, il Comune richiese al Prefetto l’autorizzazione a stare in giudizio contro di lui, in quanto aveva acquistato due colombari al cimitero di Vicchio, per i quali aveva versato un acconto di £. 600, ma, nonostante le reiterate sollecitazioni, non si decideva a saldare il debito di £. 1.000.

Fascisti davanti alla Casa del Fascio, s.d.

Durante la Seconda Guerra Mondiale Marchetti non si smentì. Dai documenti del Comitato di Liberazione Nazionale si apprende che  aderì alla Repubblica Sociale e al Partito Fascista Repubblicano: “Squadrista; Marcia su Roma; Sciarpa littorio; senior della Milizia; fascista repubblicano. Uno dei fondatori del Fascio locale. Ha preso parte a spedizioni punitive contro antifascisti. Già segretario del Fascio locale. Ex amministratore comunale. Capitano in servizio con i tedeschi. Elemento ambizioso, privo di scrupoli e di ogni senso della morale. Attualmente al nord.” Ma al nord dove? Non se ne venne a capo.
In un elenco senza data sempre del C.L.N. Marchetti figura tra gli squadristi "particolarmente responsabili". Viene definito “uno dei massimi responsabili della rovina del paese, Console della M.V.S.N., attualmente in servizio con i tedeschi". Ma figura anche, insieme con Giovanni Materassi, Giovanni Dreoni e i fratelli Vittorio e Nello Magherini, tra i “responsabili, secondo l’opinione pubblica, di omicidio commesso in località Sagginale”. Si allude qui a un fatto di sangue risalente al 1921. Una spedizione punitiva, organizzata da squadristi per vendicare il maltrattamento di un paio di loro da parte della popolazione della frazione di Borgo S. Lorenzo, degenerò in uno scontro a fuoco in cui perse la vita il 57enne Giuseppe Margheri.
Su richiesta del Collegio Professionale dei Periti Agrari, il C.L.N. informerà nel 1946 che Marchetti

è persona di moralità indubbiamente pessima, è stato fascista, squadrista, prese parte a spedizioni punitive in Paese, seminando il terrore ovunque, provocatore e violento. A [sic.] pure rivestito cariche di una certa importanza quale ad esempio Podestà del Comune di Vicchio nell’epoca 1929-30-31 [abbiamo visto che non fu così], inoltre fu pure presidente della cooperativa Edili di Vicchio, dove dovette subire un processo per emettere assegni a vuoto per oltre 300.000 lire prelevando dalla Banca Agricola Italiana a quell’epoca con sede a Torino. Fu pure senior della M.V.S.N. aderì e collaborò attivamente al movimento fascista repubblichino.”

Sempre nel 1946 Marchetti compare su un elenco su un registro del Tribunale di Pisa, come collaborazionista. È l'ultima traccia su di lui che riuscii a reperire quando realizzai la ricerca. Una traccia niente affatto riabilitativa.

Cosa sia stato in seguito di lui non ci fu verso di sapere, né tuttora si può comprendere  come mai questo individuo venne d'improvviso emarginato dal regime. All'epoca della ricerca non lo scrissi esplicitamente, ma ipotizzai, non senza una certa romantica ingenuità, che il fascismo non apprezzasse il suo legame con una - allora - minorenne. Ora penso - ma ripeto, non si può che formulare ipotesi - che quegli assegni a vuoto per oltre 300.000 lire   abbiano ben maggiori probabilità di essere un buon motivo perché Marchetti venisse, con discrezione ma senza tanti complimenti, ostracizzato.

Ringrazio Adriano Gasparrini che, con la cortesia di sempre, mi ha fornito la foto d'apertura, in cui si vede il Principe Umberto a Vicchio insieme con Marchetti con fascia da Sindaco, e il ritratto del medesimo.
Le altre foto appartengono all'Archivio Fotografico del Comune di Vicchio.





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