martedì 20 marzo 2018

Ugo Giusti, o la discrezione del Liberty


Di Galileo Chini il web esonda. Del suo migliore amico e collaboratore, l'architetto Ugo Giusti, si può dire che sul web non c'è traccia. Non ha una voce su Wikipedia. Non è sulla Treccani (c'è un suo omonimo). Viene citato di sfuggita quando si parla delle Terme Berzieri a Salsomaggiore. L'unico, dunque prezioso, testo monografico a lui dedicato è il volume di Maria Maugeri "Ugo Giusti - un architetto fiorentino nella Toscana del primo Novecento", edito da Polistampa nel 2013.
Che Giusti abbia subito un'ingiustizia dal tempo è indubbio, ma bisogna anche ammettere  che in un certo senso c'era da aspettarselo. Il ritratto di questo personaggio che faticosamente si riesce a mettere a fuoco, aiutati da una sola fotografia, è quello di un individuo schivo e riservato, in perfetta antitesi col suo straripante amico pittore e decoratore. Viene da pensare che tutto sommato avrebbe preferito così, che non ci fosse tanto baccano sulla sua persona, solo magari un po' di rispetto per la sua opera, cosa che non sempre avvenne. A novant'anni dalla scomparsa, l'opera di questo artista, certamente non geniale come un Giovanni Michelazzi o come lo stesso Galileo Chini, ma prolifico e dotato comunque di un talento e di una sensibilità straordinari, meriterebbe di essere esaminata con uno sguardo meno distratto - forse presuntuosamente distratto - di quello finora usato nei suoi confronti.


Ugo Giusti nacque nel 1880 a Firenze, da una famiglia modesta che abitava nell'odierna via Gioberti. Viene descritto come un uomo dal fisico piuttosto gracile. La sua testa però tanto gracile non lo era, e lo si capì presto.  A diciassette anni meritò una borsa di studio dalla Scuola Professionale di Arti Decorative e Industriali di Santa Croce. In seguito poté iscriversi all'Accademia di Belle arti fiorentina. Diplomatosi in disegno architettonico, avrà una cattedra della stessa materia, nella stessa Accademia, a partire dal 1905 e, nonostante l'intenso lavoro, la manterrà fino alla morte.
Nel 1907 aderì alla Giovane Etruria che, fondata da Plinio Nomellini, intendeva - narra Maugeri - realizzare un ideale raccordo fra le tradizioni più nobili e un recuperato spirito di regionalismo. Era in buona compagnia. Facevano parte del gruppo un po' tutti i nomi di spicco della Firenze artistica di inizio '900. Pittori, scultori del calibro di un Libero Andreotti, oltre ai colleghi Michelazzi, Andrè, Fantappiè, Coppedè (oh: se si chiamavano così!). E naturalmente Galileo Chini. L'amicizia tra i due si era già creata da tempo e non si sarebbe mai interrotta. Chini, come noto, aveva fondato la sua officina L'Arte della Ceramica nel 1897 in via Arnolfo. Fu lui che probabilmente presentò l'amico all'architetto di Pescia Giulio Bernardini. Questi e Giusti, la cui fama si espandeva a macchia d'olio, iniziarono una collaborazione che avrebbe dato i suoi frutti in particolare a Montecatini Terme. Dopo aver eseguito dei lavori di ampliamento delle Terme Tamerici nel 1909, nel 1914 vinsero il concorso per la ristrutturazione delle Terme Tettuccio, Regina e Savi. Per una serie di problemi non del tutto limpidi, però, il progetto non vide la luce. Vide la luce, sempre a Montecatini, il Casinò Municipale Excelsior, inaugurato nel 1907, ma che già nel 1915 era stato ristrutturato e riconvertito in stabilimento termale. In tutti questi progetti non mancavano mai i contributi decorativi di Galileo Chini, che divennero i protagonisti nell'indiscusso capolavoro di Ugo Giusti: le terme Berzieri di Salsomaggiore.


Anche in questo caso i lavori erano partiti nel 1914 su progetto di  Giusti e Bernardini, ma procedettero con grande lentezza anche per cause belliche, e nel 1918 Bernardini si ritirò. Le terme furono inaugurate nel 1923. In questo sito troverete i particolari storici e molte belle fotografie del fabbricato. Dallo stesso sito riprendo un paragrafo che dà un'idea del lavoro colossale svolto da Ugo Giusti ...e non solo da lui.

“Le cronache del tempo riferiscono che per la grande "fabbrica termale" furono impegnati 140 addetti alle opere murarie, 125 marmisti, 60 fra stuccatori e decoratori e 70 tra ebanisti, elettricisti e capi tecnici. Senza contare gli artigiani che forgiarono nell’officina di Antonio Veronesi i ferri dei velari, delle cancellate, delle finestre, le porte e le maestranze delle Fornaci Chini. I marmi provenivano dalle cave di Verona, Rezzato, Carrara e Siena; da Rapolano invece il travertino per il rivestimento della facciata e per le robuste colonne scanalate della pensilina.”

Giusti poté contare su un budget più che generoso (23 milioni di lire) anche se s'immagina non con gran piacere della committenza. Lavorò d'intesa con l'amico Galileo Chini che vi prodigò il suo talento, all'epoca ancora influenzato dal soggiorno siamese terminato da poco. Fu anche così d'aiuto alle Fornaci di Borgo S. Lorenzo, della stessa famiglia Chini, commissionando una notevole quantità di lavoro, materiale e manufatti, tanto da imporne l'ampliamento. D'altronde, la stessa fabbrica e la showroom delle Fornaci borghigiane erano opera di Ugo Giusti. Furono distrutte dai bombardamenti del 30 dicembre 1943. La cartolina sotto è una delle poche immagini rimaste.


L'amicizia fra i due fu stretta e inossidabile. Probabilmente proprio a causa della complementarietà dei caratteri. Timido, riservato, quasi sempre nell'ombra l'uno - che nondimeno sapeva imporsi alla bisogna -; estroverso, narcisista, non di rado un po' guascone l'altro. Galileo, tuttavia, non intese mai approfittarsene. Al contrario. La sua stima per Ugo la riaffermò più volte, anche e soprattutto con i fatti. Oltre alle Fornaci di Borgo, Galileo lo incaricò di costruirgli la casa (1909) e lo studio (1914) di via del Ghirlandaio. Quando, per un equivoco, la Villa Chini di Lido di Camaiore venne attribuita a lui stesso, Galileo per primo non esitò a smentire e a rendere giustizia al vero autore, appunto Ugo Giusti. Ed è solo un esempio.

Villa Chini, Lido di Camaiore, 1914

Lo si vede dalle immagini. Giusti non si può definire un architetto Liberty in senso stretto. Non indulge molto in arabeschi. Sembra rifarsi più al Secessionismo viennese. Ma le incursioni decorative dell'amico conducono verso un connubio eclettico originale e straordinario. E, aggiungerei, irripetibile. Un connubio che meriterebbe una maggiore conoscenza e approfondimento, come prototipo (cito Maria Maugeri) della "comune consapevolezza dell necessità di integrare architettura e arti applicate per qualificare l'ambiente, operazione possibile solo tramite l'abolizione della radicata distinzione fra arti maggiori e arti minori sula scorta di quanto era avvenuto già a Vienna con Otto Wagner che, nella ricerca di nuovo, diede vita ad un'architettura cromatica segnata da ornamenti floreali e figurativi funzionali alla definizione delle volumetrie"

Lo studio di Galileo Chini in via del Ghirlandaio.
Il dipinto nel riquadro sovrastante l'ingresso,
dello stesso Chini, è praticamente scomparso.
L'opera di Ugo Giusti è vastissima. L'elenco delle sue opere, la maggior parte delle quali purtroppo scomparse, è davvero interminabile, e spazia in numerosi campi. Oltre all'architettura termale, lavorò molto in quella ricettiva: intervenne nella costruzione o nella ristrutturazione della Locanda Maggiore di Montecatini, dell'Hotel Brunelleschi, dell'Albergo Roma, del Grand Hotel di Firenze, del Grand Hotel Des Thermes di Salsomaggiore. E nell'architettura cimiteriale (ci vuole anche quella). Giusti fu nominato nel 1923 direttore dei lavori per l'ampliamento del Cimitero monumentale dell'Antella, e anche in questo caso l'intesa con Galileo e più in generale con la famiglia Chini condusse a risultati memorabili. Sono riportati con dovizia di immagini nel bel volume di Silvano Guerrini: I Chini all' Antella : opere di Dario, Galileo, Leto, Tito Chini e Manifattura Fornaci San Lorenzo nel Cimitero Monumentale della Confraternità di Misericordia (Ven. Confraternita di Misericordia di S. Maria, 2001), anche se, come sempre, si accenna solo di sfuggita alla figura di Ugo Giusti. Il quale contribuì con diversi interventi, soprattutto con la realizzazione di cappelle di famiglia, anche al Cimitero di Fiesole, al Cimitero della Misericordia di Borgo S. Lorenzo e a quello fiorentino delle Porte Sante.
Per quanto riguarda l'architettura sacra ricordiamo la chiesa di S. Antonio a Montecatini Terme, realizzata anch'essa in collaborazione con Giulio Bernardini (1926), e la ristrutturazione della chiesa di S. Michele a Figliano, presso Borgo S. Lorenzo, dopo i danni subiti dal terremoto del 1919. Sempre a Borgo San Lorenzo spicca, infine, la sede dell'Arciconfraternita di Misericordia, opera che fu terminata e inaugurata poco dopo che, per un male incurabile, Giusti si era spento all'età di soli 48 anni. Era il 1928.

Borgo San Lorenzo, sede dell'Arciconfraternita di Misericordia

La malattia impedì a Giusti di portare a termine uno dei suoi incarichi più prestigiosi: la passeggiata a mare di Viareggio (foto d'apertura). Nel 1917 un furioso incendio devastò tutti gli edifici - per lo più in legno e ferro - che affollavano senza particolare criterio il viale a mare dal molo al Caffè Concerto Eden. Nel 1924 si costituì (finalmente) una commissione governativa per riprogettare in modo organico la passeggiata. Ne facevano parte Alfonso di Vestea (batteriologo dell'Università di Pisa), Giacomo Puccini (non ha bisogno di presentazioni), Galileo Chini e Ugo Giusti. Quest'ultimo stese un disegno preparatorio, ma i lavori procedettero per motivi burocratici terribilmente a rilento. Giusti protestò, intervenne anche il prefetto, i lavori ripresero, ma le condizioni dell'architetto si erano nel frattempo aggravate e non fu più in grado di riprendere in mano il progetto che, dopo la sua morte, passò ad Alfredo Belluomini. Questi, pur di diverso temperamento, apprezzò il lavoro svolto dal predecessore e collaborò proficuamente con Galileo Chini.

Caffè Margherita, Viareggio
Difficile dire se si possa ancora ravvisare il pennino di Ugo Giusti nei primi edifici della passeggiata, soggetti in seguito a parecchi rifacimenti. Mi permetto di avanzare delle riserve sull'ipotesi di Maugeri, peraltro con punto interrogativo, di attribuire la paternità di Giusti alle cupolette del Caffè Margherita.
Nell'ultimo periodo, Giusti aveva espresso più volte il desiderio di trasferirsi a Milano. Anch'egli, evidentemente, si era stancato di quel provincialismo imperante che a Firenze aveva messo più volte i bastoni tra le ruote a qualunque innovazione che si ponesse al di fuori di una grigia e stantia celebrazione dei fasti del passato fiorentino.
I funerali di Ugo Giusti furono grandiosi e solenni. Il Messaggero del Mugello stilò un elenco lunghissimo di partecipanti, tra cui in pratica l'intera famiglia Chini, oltre ai nomi più importanti dell'architettura toscana, compreso Giulio Bernardini, e naturalmente le autorità fiorentine e non solo. Il corteo funebre attraversò via Cavour e via Martelli a Firenze, la funzione religiosa avvenne in S. Lorenzo, e la salma fu tumulata al Cimitero della Misericordia dell'Antella.

1 commento:

  1. a quasi cent'anni di distanza questi autori del primo novecento ci parlano dalle strade che percorriamo nelle città toscane e altrove.

    RispondiElimina

I commenti sono liberi a tutti & benvenuti, Sono apprezzate precisazioni, segnalazioni di refusi, integrazioni. Ma sempre - e purtroppo non si può più dare per scontato - all'insegna della buona educazione.