A un'età in cui anche gli artisti, se non tirano i remi in barca e si adagiano sulle passate glorie, per lo meno rallentano l'attività e restano su sentieri a loro ormai ben noti perché percorsi e ripercorsi, Enrico Pazzagli può permettersi di continuare a cercare e sperimentare nuove soluzioni e vie espressive. Non solo: può permettersi ancora di sorprendere. Tornare a trovarlo, dopo tutto sommato neanche tanto tempo, è stata per me una continua rivelazione.
Enrico mi accoglie mostrandomi un grande Fabrizio De André in blu. Ho voluto fotografarlo con il pannello in mano, per il gusto di riecheggiare il Renée Magritte ritratto da Bill Brandt. L'opera è molto bella, ma lascia interdetti. Non è quello che ti aspetti da un pittore noto soprattutto per i suoi proverbialmente stupendi acquarelli, di concezione completamente diversa. È vero, Enrico Pazzagli non è solo acquarelli. Lo avevo spiegato anche in un post precedente. Questo che, mi spiega, "per me non è il ritratto di De André, è De André", ci appare però qualcosa di assolutamente inedito. Ma lo è davvero?
Per rispondere, Enrico mi mostra alcuni prodotti di una sua attività meno nota, anche se non meno intensa: quella di scenografo e di cartellonista. In particolare, nel 1974 l'Accademia degli Audaci gli chiese di creare un manifesto standard per la pubblicizzazione degli eventi. Enrico creò una immagine di notevole impatto grafico, che poi avrebbe fatto anche da scenografia per un concerto. Mi mostra il manifesto, et voilà, nella cascata di capelli femminili della maschera sullo sfondo di luna individuiamo il germe che ha condotto alla frastagliatura dei capelli del cantautore. Ci sono altri esempi della stessa epoca, ma questo è il più significativo.
Così, riflettere su un'attività lontana nel tempo è servito ad Enrico per andare ancora avanti, e proseguire la sua ricerca che séguita a dare risultati, concretizzatisi non solo nel De André. Esaminando e ammirando altre sue opere recenti, non posso fare a meno di notarvi la predominanza del blu. "Facci caso, sono pure vestito in blu! Non so se chiamare quello attuale il mio periodo blu, ma la sua predominanza è indubbia. Forse ora più di prima, anche se il blu è sempre stato il mio colore preferito."
Predominanza che ritrovo in due tavole - anch'esse inconsuete ma dallo stile ugualmente inconfondibile - in truciolato, per lui altro elemento di ricerca. "Questa superficie irregolare è stimolante, per il colore, per il gioco di riflessi, per le forme da costruirvi." La tavola in verticale che si vede nella foto d'apertura mostra sì la ramificazione di un albero, ma a dominare l'atmosfera è la sfumatura del cielo. Come nell'altra tavola, sempre in truciolato, che presenta le intricate radici di una pianta forse millenaria. È sul cavalletto, è da finire, mi dice Enrico. Azzardo la frase forse più odiata dai pittori, ma che mi pare in questo caso opportuna: "Io lo lascerei così!". E lui riconosce che forse l'idea non è sbagliata.
Concluso splendidamente, invece, e sempre dominato da tonalità tra l'azzurro e il blu, è un paesaggio evanescente e pazzagliano come pochi altri, che Enrico sta per presentare, insieme con altri due, a una collettiva che si aprirà tra pochi giorni alla Vecchia Propositura di Scarperia.
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