mercoledì 12 dicembre 2018

I segreti di Giotto, ma anche no



"L'autoritratto di Giotto in Esaù respinto da Isacco" titola un articolo pubblicato dall'ANSA il 10 novembre. La notizia riguarda il celebre affresco (foto d'apertura) situato nella parte alta della Basilica superiore di Assisi, è ripresa dal Giornale dell'Arte e mi è stata inviata dall'amico Mauro Baroncini. La sedicente straordinaria scoperta che, diciamolo subito, fa acqua da tutte le parti, si deve a uno studioso di cui mi ero già occupato anni fa: Luciano Buso. Questi detiene un sito, www.lucianobuso.it, peraltro totalmente autoreferenziale, e afferma da anni di avere scoperto una tecnica di scrittura criptata, invisibile e/o mimetizzata, all'interno di una quantità di dipinti delle epoche e degli stili più disparati. Afferma Buso nello stesso comunicato: 


Leonardo firmò la Gioconda nascondendo nel ritratto più enigmatico della storia l'iniziale del suo nome nonché la data di composizione del dipinto, il 1501, e addirittura l'intera scritta 'Gioconda'. Ma non fu il solo. Lo stesso usavano fare in quel secolo Giorgione e Raffaello. E quasi duecento anni prima anche Giotto riempiva i suoi affreschi di scritte celate, iniziali, cifre. Il segreto? Una tecnica di scrittura nascosta nata come sorta di incancellabile autentica delle opere e tramandata di bottega in bottega, forse come protezione dai falsi, per oltre 700 anni, tanto che la conoscevano e la praticavano persino Klimt e Picasso.

Il Polittico Baroncelli in S. Croce a Firenze
Veramente le contraffazioni, artistiche e non, come oggi le concepiamo sono fenomeno relativamente recente. Come abbiano fatto poi i pittori a trasmettersi questo segreto senza che per 700 anni nessun non addetto ai lavori ne sia mai venuto a conoscenza prima di lui e tranne lui, Buso non lo spiega. Ma sorvoliamo su questo particolare. Buso non è nuovo ad annunci che riguardano uno degli affreschi più controversi della storia della pittura. Già nel 2008-9, sempre in Esaù respinto da Isacco, riteneva di scorgere “in basso al centro, dove il lenzuolo rosso che avvolge le gambe di Gesù si raggruma sotto il sedere, un volto, una faccia che spunta dalle pieghe; il volto ha lo sguardo serio, è schiacciato dal corpo di Gesù e pare voler uscire dalle pieghe che lo imprigionano, allusione forse questa al male che viene imprigionato e schiacciato dalla forza del bene! Personalmente penso sia proprio questo il messaggio esoterico che Giotto ha voluto tramandarci.” Buso scambiò allora Isacco per Gesù, ma anche questi sono evidentemente dettagli secondari. Però ammettiamolo: per scorgere il volto di cui parla Buso nell’affresco in questione, ci vuole veramente parecchia fantasia.
Stimmate di S. Francesco
Parigi, Louvre

Nel giugno 2011, un flash ANSA così diceva: "Non l'autentico sudario del Cristo e nemmeno l'opera di Leonardo, come qualcuno ha azzardato. Celata nel volto di Gesù morto, nella Sacra Sindone, ci sarebbe addirittura la firma di Giotto. Con tanto di data, 1315, perfettamente in linea con le analisi al carbonio 14 fatte negli anni Ottanta. A sostenerlo è uno studioso veneto, Luciano Buso". 
Su questa pagina del sito dell'Unione Cristiani Cattolici Razionali è riportata un'ampia sintesi delle confutazioni, più o meno sarcastiche, di questa teoria, e in più si ribadisce che Buso "ci aveva provato qualche tempo fa anche con la “Gioconda” di Leonardo Da Vinci, sostenendo di aver trovato negli occhi della donna numeri e lettere, legati alla tradizione ebraico-cabalistica, quella cristiana e quella dei templari, quella magica e quella naturalistica (cfr. Italiamagazine 3/2/11), ricevendo ovviamente risposte ironiche dai grandi esperti dell’arte e di Leonardo."

Il 10 novembre 2018, alla Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli ad Assisi, Buso ha tenuto il convegno dal titolo "Giotto si rivela", durante il quale ha rivelato - appunto - il risultato dei suoi studi, eseguiti su foto ad alta risoluzione (!!!) dell'affresco. Copio dal suo sito. 


“Quanto ora emerso nell’affresco di Assisi – sostiene Buso – fa risultare inesatta l’attribuzione sinora suggerita al Maestro di Isacco perché svilisce l’opera del grande Giotto, padre assoluto della pittura moderna. Essa ci ha rivelato anche i suoi contenuti segreti e sottolineato la straordinaria qualità, la complessità dell’impianto e le sue meravigliose cromie. Fu quindi certamente Giotto di Bondone a firmare l’affresco nel 1315 e lo fece celando ovunque le sue firme ‘Giottvs B’, ‘Giottvs IV aprilis 1315’ e ‘GB’. Una di esse pare essere la firma ufficiale in quanto apposta a forma di semi lunetta in basso al centro, appena sopra la grande decorazione floreale, firma oggi sgranata e in parte consunta ma ancora leggibile. Oltre le molteplici firme segrete sono emerse le date ‘1315’ e ’15’ le quali stabiliscono in modo sicuro la corretta datazione dell’opera che non fu dipinta nel 1291-1295, ma quasi venticinque anni dopo.


Il Polittico di Bologna

L'affresco poi risulterebbe brulicare di figure aliene che nessuno, in oltre 700 anni, aveva notato. Così la nota ANSA: 


Quanto a queste altre figure ritrovate, scrive Buso, "alcune rappresentano volti demoniaci con addirittura il corno, altre paiono rappresentare un re e una regina dell'epoca".

Ma non solo. Perché tra le tante figure "aliene", sostiene Buso, c'è un volto che sembra proprio essere un autoritratto di Giotto. "Si trova in alto a sinistra, proprio sopra la tenda con la fascia azzurra", dice, vicino alla grande data '15'. "Il volto reca a cappello la data e questo mi ha indotto a pensare che esso rappresenti qualcuno di importante, ritenuto dall'artista trecentesco degno di attenzione". Quel volto, sottolinea, sembra riportare "una certa somiglianza" con un ritratto di Giotto eseguito nel XVI secolo.

Un volto, dunque, criptato (a che scopo?), che dev'essere l'autoritratto perché somiglia a un ritratto di Giotto eseguito duecento anni dopo la sua morte. Sarà. Ma andiamo avanti.
Di Giotto abbiamo tre opere firmate: le Stigmate di San Francesco, firmato OPUS JOCTI FLORENTINI, il Polittico Baroncelli, firmato OPUS MAGISTRI JOCTI) e il Polittico di Bologna firmato OP[US] MAGISTRI IOCTI D[E] FLOR[ENTI]A. Nessuno dei tre è firmato Giottvs, tanto meno Giottvs B (Bondone?).

La Croce dipinta in Santa Maria Novella a Firenze

Quanto alla datazione al 1315 (lo stesso anno in cui Giotto avrebbe fatto pure la Sindone), si aggiudica la palma dell'impossibilità assoluta, dato che sconquasserebbe tutte le conoscenze storiche e documentali dell'intera vicenda non solo relativa alla Basilica Superiore di Assisi, ma in un certo senso all'intera storia dell'arte. Nel 1315 la Cappella degli Scrovegni era già stata ultimata da tempo, la Madonna di Ognissanti lasciava senza fiato chiunque entrasse nella Chiesa omonima a Firenze e, grazie a Giotto, la pittura era stata mutata dal greco al latino, per usare le parole di Cennino Cennini. Di questa mutazione, Isacco respinge Esaù fu il capostipite.
Luciano Bellosi, nel 2007, citò una fonte scoperta di recente, un trattatello del 1310, scritto dai frati francescani conventuali, in cui si dichiarava che la Basilica di Assisi era stata fatta affrescare da Papa Niccolò IV, il quale regnò dal 1288 al 1292. Scrive Bellosi: 

Giotto dovette incominciare a lavorare ad Assisi intorno al 1290. Le arti della decorazione della Basilica superiore dovute a lui e alla sua bottega si distinguono nettamente da quelle precedenti non solo per caratteristiche personali, ma perché rappresentano un ordine di idee completamente nuovo. Le prime figurazioni eseguite dal grande pittore fiorentino sono le due Storie di Isacco (Isacco che benedice Giacobbe e Isacco che respinge Esaù) dove la casa del patriarca è un vano architettonico dalle articolazioni sottili, ma robuste e razionali, che creano uno spazio chiaramente delimitato e ricco di punti di riferimento per visualizzare ciò che sta davanti e ciò che sta dietro. 

La Madonnina di Borgo San Lorenzo
Non è vero infine che, come afferma Buso, "l’attribuzione dell’affresco è stata elusa per lungo tempo a causa delle incertezze accademiche, oggi superate con l’avvento della nuova scienza, del nuovo metodo d’indagine, dei nuovi studi." Al contrario, l'attribuzione dell'affresco è stata un vero terreno di battaglia tra storici dell'arte, che si sono combattuti a lungo anche aspramente. Si erano fatti i nomi, oltre che del Maestro d'Isacco inventato ad hoc, del romano Pietro Cavallini, di Gaddo Gaddi, di Arnolfo di Cambio, e naturalmente di un giovane ma prorompente Giotto. Oggi si assegna quasi unanimemente a quest'ultimo, senza bisogno di incursioni criptico esoteriche. In particolare dopo il restauro della Madonnina di Borgo San Lorenzo (1985 circa), le cui affinità con l'affresco di Assisi sono risultate sbalorditive. Scrive Angelo Tartuferi (2007):

L'identificazione del cosiddetto Maestro di Isacco con Giotto appare pressoché certa alla luce della sorprendente affinità che lega queste pitture murali alle opere su tavola che la critica riconosce come i più antichi esemplari autografi del maestro fiorentino a noi pervenuti: il frammento di una grande Maestà conservato nella pieve di Borgo San Lorenzo, nel cuore del Mugello, luogo d'origine della famiglia di Giotto, e la grande Croce dipinta della basilica di Santa Maria Novella a Firenze. 








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