lunedì 27 marzo 2017

L'ultimo feudo






Si raggiunge Turicchi, venendo da Dicomano (FI), prendendo un bivio a sinistra dopo avere superato Contea e salendo un'erta non indifferente fino ad affacciarsi da quota 360 su un ampio e splendido panorama della Val di Sieve di fronte Poggio alla Croce. Turicchi è oggi una piccola frazione fatta di case sparse con poche decine di abitanti, che però si anima dal 4 al 6 luglio in occasione dei festeggiamenti per San Pietro, cui è intitolata la chiesa, e di quelli per San Romolo. Dal 2008 è stata ripresa l'antica tradizione di recarsi alla Cattedrale di Fiesole per consegnare un cero di sei libbre al Vescovo.
Il Sindaco di Rufina, Mauro Pinzani, esemplarmente ferrato in materia,tempo addietro mi fornì volentieri molte altre notizie. Eccone un sunto.
Turicchi ha avuto una storia un po' a sé nella zona del Mugello e della Val di Sieve. Il nome è dovuto quasi certamente alla presenza, un tempo, di una torre di guardia (turricula). Il territorio fu concesso dal potere imperiale, come possedimento feudale, al Vescovo di Fiesole - che acquisiva così il titolo di conte - verso il VII, VIII secolo. La data precisa non è chiara. Non ne sono venuti a capo storici come Repetti o, più di recente, Laura Cofacci. La quale, nel 1989, pubblicò Turicchi e i suoi statuti, edito da Pagnini.
La chiesa di S. Pietro 
 
Il nome di Turicchi viene fatto ufficialmente per la prima volta nel 1103, su una bolla del Papa Pasquale II che confermava appunto le corti di Turicchi e Castiglione, insieme col Castello di Agna, al Vescovo di Fiesole. Turicchi rimase a lungo feudo vescovile fiesolano. Come poté attraversare indenne tutte le vicissitudini che videro fronteggiarsi Firenze e Fiesole - con distruzione di quest'ultima -? Poté perché la presenza di un potere temporale fiesolano serviva alla Repubblica fiorentina per temperare l'autorità del Vescovo di Firenze. Fra il XIV e il XV secolo la situazione si stabilizzò, e Firenze non andò oltre dispute di tipo giuridico amministrativo, non vedendo la necessità di azioni di sottomissione. Così Turicchi poté almeno in buona parte gestirsi autonomamente, e darsi statuti altrettanto autonomi come quelli, datati 1455, ammirevolmente trascritti da Laura Cofacci e di cui si è detto. Solo nel 1775, dopo vari tentativi, approfittando della morte di un Vescovo, il Granduca Pietro Leopoldo di Lorena dichiarò la fine della contea e l'annessione del territorio di Turicchi al Granducato. Questo territorio, che si estendeva fino al torrente Moscia, era dunque rimasto con ogni probabilità l'ultimo feudo della regione. Terminarono così una serie di privilegi di cui Turicchi godeva grazie alla sua autonomia: esenzioni da tasse e gabelle, innanzitutto, e il fatto di essere in pratica zona franca. Il che attirò nel territorio parecchi sbandati e anche contrabbandieri e briganti in fuga da Firenze, e certamente non procurò una gran fama alla zona. Racconta Mauro Pinzani: "Questa nomea è rimasta a lungo. Ancora alla fine dell'Ottocento, quando un treno giungeva alla stazione di Contea, c'era l'uso di dire 'Stazione di Contea, valige davanti!' nel senso che se le tenevi dietro te le rubavano! Alla Rufina, quando era un borgo più piccolo, avevano fatto richiesta per un mercato settimanale, ma veniva rifiutato per la vicinanza con Turicchi, terra di contrabbandieri. Lo concessero verso il 1769, ma con la clausola che fosse sorvegliato da due sbirri."


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