Sulla parete interna della facciata della Chiesa di San Giovanni Maggiore, presso Panicaglia (Borgo S. Lorenzo, FI), anche se non si notano molto, vi sono, situati a circa quattro metri dal suolo sopra alle due porte minori, le riproduzioni di due busti, i cui originali si trovano adesso al Museo Beato Angelico di Vicchio, e che sovrastano due lapidi. Lo storico mugellano Luigi Andreani, nel 1917, scrisse una breve monografia su una di esse.
La lapide, di pessima fattura, era ardua da interpretare. Valentino Felice Mannucci, nel compilare nel 1742 le sue Notizie del Borgo San Lorenzo e suo territorio, non ne era venuto a capo. Andreani ricostruì a fatica l'enunciato, pieno di simboli e abbreviazioni:
BACCIAE MINERVETTAE DE MOEDICIS, SOLERTIAE CVIVS FILIOS ET FAMILIAM OMNEM LAV[RENTIVS] ILLE MED[ICES] PRAEMORTVA VXORE, CREDIDIT, EI[QVE] SIC CONTIG[IT]LEONEM ET CLEMENTEM PONT[IFICES] MAX[IMOS] FELICITER EDVCARE, FR[ANCISCVS] ARCHIE[PISCO]PVS TVRRITANVS E[T] ARETINVS EP[ISCOP]VS I[PSIVS] MATRI S[ACRAVIT]
Il busto - scrisse - è dunque dedicato a Bartolomea di Bernardo de' Medici, moglie del cavalier Tommaso di Andrea Minerbetti e madre di Francesco Minerbetti, di cui parleremo poi. Bartolomea, detta Baccia (oggi come diminutivo non suona molto fine), ebbe la ventura di ricevere in affidamento da Lorenzo il Magnifico, dopo che era rimasto vedovo, i di lui sette figli e - per lo meno - un nipote. Tra i figli di Lorenzo vi era Giovanni, futuro Papa Leone X. Il nipote era Giulio, futuro Papa Clemente VII. La donna raffigurata fu, dunque, l'educatrice di due papi e un vescovo, il figlio Francesco. Quest'ultimo, sempre secondo la lapide, volle dedicare, a lei e al padre, un doppio monumento. Seppure - Andreani se ne chiede il perché, senza sapere rispondere - non di grande valore, oltre che situato nei due punti forse più bui della chiesa.
Parlerò in un prossimo post dell'origine inglese e della discendenza da S. Thomas Becket, postulata ma molto dubbia, della famiglia. I Minerbetti furono ad ogni modo eruditi e munifici, e diedero lustro a Firenze. Ebbero, secondo lo storico Giuseppe Maria Mecatti (1754), 33 priori, 13 gonfalonieri, sei senatori, Cavalieri di Malta e di S. Stefano, e alcuni Vescovi. Con ogni probabilità, Francesco fu l'esponente più illustre. Fu scolaro di Bastiano Salvini, cugino e discepolo di Marsilio Ficino. L'elenco delle cariche religiose da lui ricoperte è interminabile. Legato come abbiamo visto da parentela ed amicizia con i Medici, quando questi caddero in disgrazia egli fu da Leone X mandato a Sassari, dove fu Arcivescovo dal 1515 al 1517. Sotto la sua reggenza fu ultimata la ristrutturazione della Cattedrale di San Nicola. Nel 1520 fece restaurare la chiesina di San Maurizio a Doccia, sotto Fiesole, tra due ville (villa Egerton e villa Chambers) di cui la famiglia aveva preso possesso. Nel 1525 divenne Arcivescovo d'Arezzo. Nel 1533, tenendo fede a un voto per il ritorno dei Medici a Firenze, fondò la Chiesa e Monastero di San Silvestro, in Borgo Pinti.
Lapide commemorativa della fondazione del Monastero. In alto lo stemma Minerbetti. Foto Sailko |
Nel 1536 concesse l'autorizzazione a erigere una cappella nel luogo vicino ad Anghiari in cui la Madonna apparve a una pastorella di nome Marietta; cappella che poi sarebbe diventata il Santuario della Madonna del Carmine al Combarbio. Nel 1538 rinunziò al Vescovado aretino per ritirarsi a vita privata, ma ebbe ugualmente numerosi incarichi: venne inviato tra l'altro come ambasciatore per l'arrivo dell'Imperatore Carlo V. Francesco Minerbetti morì nel 1543. Nella cappella di famiglia in Santa Maria Novella pose una lapide dedicata al padre Tommaso e una a se stesso. Palazzo Minerbetti si trova in Via Tornabuoni, angolo Via del Parione.
Come abbiamo visto, Andreani analizzò solo la lapide sotto il busto di Bartolomea. Nella voce dedicata a San Giovanni Maggiore, Emanuele Repetti dà invece una traduzione libera quanto efficace dell'altra lapide, sotto al busto di Tommaso Minerbetti: "Francesco Minerbetti Arciv. Turitano restaurò questo tempio quasi diruto, raddoppiò le sue entrate, e insignì la sua famiglia del di lei giuspadronato". Continua Repetti: "diritto [il giuspadronato] sino dall'anno 1513 stato concesso dal Pont. Leone X a Francesco e ad Andrea fratelli Minerbetti ed ai loro eredi e successori, nei quali infatti si mantenne insino all'ultimo fiato di quella famiglia, spento sul declinare del secolo XVIII". Infatti Andrea Minerbetti, che nel 1774 aveva fatto compilare una storia della sua famiglia attraverso le carte d’archivio, aveva avuto una sola figlia, Teresa. Quando, nel 1771, quest'ultima sposò il Marchese Nicolao Santini, patrizio di Lucca, la famiglia Minerbetti si estinse.
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