sabato 8 settembre 2018

Su questo ponte passò Annibale (mah, forse, dice)


Nonostante alle elementari i sussidiari ci avessero inculcato tanto odio e disprezzo per il bieco e sanguinario cartaginese Annibale, acerrimo nemico di quella Roma i cui generali spesso non erano da meno, la toponomastica a lui dedicata supera ogni immaginazione. Proviamo a cercare su Google "ponte d'annibale", virgolettato. Troviamo nella prima pagina notizie di quattro ponti con questo nome: quello sulla Sieve a Sagginale presso Borgo S. Lorenzo, favorito per avere anche una via ad esso intitolata; il ponte sull'Arno a Bruscheto tra Reggello e Incisa val d'Arno; il ponte tra Rapallo e Santa Margherita Ligure; a sud, il ponte a Ricigliano, in provincia di Salerno ma quasi al confine con la Basilicata. 

Il ponte d'Annibale a Bruscheto. Sandro Fabrizi ne parla qui
Esistono poi non distanti da quest'ultimo almeno altri due ponti d'Annibale: uno sul Titerno a Cerreto Sannita (Benevento); l'altro che incredibilmente, nonostante l'antichità, il terremoto del 1980 non riuscì ad abbattere, è posto sul fiume Melandro che scorre tra le province di Potenza e Salerno.
Siamo già a sei ponti intitolati al condottiero cartaginese, e sempre con la motivazione che secondo un'antica tradizione vi transitò Annibale. Di sicuro ce ne sono altri, ma fermiamoci pure qui, e anzi restiamo nella zona appenninica.

Il ponte d'Annibale su Titerno a Cerreto Sannita

In un reportage storico dedicato appunto ad Annibale (poi divenuto un libro intitolato appunto 'Annibale', Feltrinelli 2008), il giornalista Paolo Rumiz stila un breve e certo anch'esso non esaustivo elenco di siti relativo al centro nord: 

Casteggio: fontana di Annibale. Modigliana: pozzo di Annibale. Due ponti d'Annibale sull'Arno e due sulla Sieve. Un canto d'Annibale nel Mugello. Un monte Annibolina verso le spiagge di Rimini. Una singolar, popolarissima tenzone medioevale a Faenza, chiamata 'palio del Niballo'. Pievepelago passa ogni limite: passo di Annibale, ponte d'Annibale, via d'Annibale, campi d'Annibale. Poi un paese di nome Magona (da Magone, si dice, il fratello minore di Annibale), una frazione di nome Tàrtago e un'altra di nome Zerba, fantasticamente attribuite a Cartago e Djerba dai valligiani piacentini.
Pazzesco. Nella sua Blitzkrieg [guerra lampo] il Nostro ha attraversato Emiia e Toscana quasi di corsa, eppure il suo nome è ovunque. Perché? (...) Come sulle Alpi, dove almeno venti passi si contendono la palma dell'attraversamento, anche in Appennino tutti vorrebbero far passare il Cartaginese da casa loro. Ma mentre sulle Alpi la memoria si sorregge anche su dibattiti accademici, qui essa affonda soprattutto nell'immaginario - nel subconscio quasi - della nazione. Entra nella carne del paese, diventa leggenda.  

Il ponte d'Annibale sul Melandro

Annibale come Garibaldi, insomma: un suo passaggio e magari una bella lapide commemorativa non si nega a nessuna località. Tanto, se non si può dimostrare con certezza che c'era stato, come si fa a smentire con certezza che non c'era stato?

Il ponte di Sagginale, tra Vicchio e Borgo San Lorenzo (foto d'apertura), colpisce l'immaginazione, data la sua architettura forse esagerata rispetto al corso d'acqua che permette di superare. Pur essendo piuttosto stretto - in definitiva a una sola corsia -, poggia su ben sei ampie arcate. Giorgio Batini, nel suo bel libro Toscana fuoristrada (Bonechi 1969), afferma: "risulta dai documenti che il ponte fu ricostruito in pietra nel 1331, con il concorso della gente di vari paesi, sopra le pile di un ponte romano.", confermando quanto scritto da Brocchi (1748): "fabbricato sopra le pile del Ponte antico, il quale dicono, che vi fosse fino (d)a tempo de' Romani". Ciò renderebbe per lo meno plausibile una tradizione secondo la quale il condottiero in persona fece costruire il ponte; o più semplicemente sfruttò il ponte già esistente, per attraversare la Sieve con il suo esercito (40.000 soldati, più cavalli, carriaggi ecc.). In realtà si tratta di una tradizione impossibile sia da dimostrare, sia da smentire. Certo, il viadotto sagginalese è ben più corposo e robusto rispetto agli altri 'ponti d'Annibale' - alcuni di essi poco più che passerelle, per quanto suggestive -, e ci s'immagina istintivamente che avrebbe sopportato un transito così abnorme. Il problema è che non si saprà mai con precisione il tragitto che Annibale compì dopo varcate le Alpi e prima di giungere al Trasimeno, dove nel 217 a.C. vinse una delle battaglie cruciali della Seconda Guerra Punica. I testi storici di riferimento (Tito Livio e Polibio) sono stati interpretati in vari modi dagli studiosi, senza giungere a una conclusione certa. Le conseguenze ce le dice ancora Rumiz: 

Non c'è una delle valli da Piacenza a Cesena che non rivendichi il blasone del transito illustre. (…) Giogo della Scarperia! Ma no, non esiste, il posto giusto è il Sasso di San Zenobio. La Futa! Fu sicuramente la Futa! Macché Futa, a quei tempi la strada migliore per l'Arno era il valico di Porta Collina, poco oltre Porretta. Niente affatto, giurano alcuni: la strada è Forlì, Meldola, passo del Muraglione. No, no e poi no, giurano altri, Lui è passato per Castel dell'Alpi. Oppure in Val Lamone.

Il tabernacolo al centro del ponte d'Annibale a Saggnale


Ad ogni modo, secondo Emanuele Repetti (1846) "non lascia più dubbio [eh, magari] il passaggio d'Annibale per il toscano Appennino, escluso quello del Lucchese e della Lunigiana (…) dopo tutto ciò devesi convenire, che tale traversa non poté aver luogo altrove fuori che per la montagna di Pistoja o per l'Appennino del Mugello". Chini, nella sua Storia antica e moderna del Mugello (1875), formula l'ipotesi più precisa di un passaggio "dalla valle del Santerno ascendendo l'Appennino e calando co' suoi feroci affricani in mezzo alla val di Sieve. Piegando quindi a levante e prendendo la via che ora dal Borgo S. Lorenzo conduce a Vicchio (…)". Non si sono tuttavia trovati - tanto per cambiare - riscontri sicuri a questa tesi. Né alle altre. Nondimeno, Chini prosegue: "Che Annibale passasse di Mugello è anche costante tradizione popolare", ma il ponte di Sagginale, da lui come dagli altri storici, non viene nominato. Cita invece un non meglio precisato 'Canto d'Annibale' - quello citato anche da Rumiz - di cui però oggi non è rimasta memoria. Il ponte di Sagginale, nei secoli, ha assistito certamente a parecchi eventi storici oltre che naturali. Può darsi che chissà, in antico, una quantità di individui guidati da un africano lo abbiano superato.

Di sicuro altri individui, oltre settant'anni fa, riuscirono per la prima volta, in parte, a distruggerlo. Venne subito ricostruito. La lapide sotto al tabernacolo posto al centro del ponte è datata 8 settembre 1947. La (ri)costruzione di un ponte è sempre qualcosa che induce alla speranza e oggi, qualunque sia il suo passato, il ponte d'Annibale collega ancora le due sponde della Sieve, tra Borgo San Lorenzo e Vicchio.
La collocazione di un tabernacolo su un ponte è peraltro retaggio di una usanza fatta risalire al medioevo, quando - ce lo ricorda la mia amica Beatrice Pucci nel suo prezioso Le romite del Ponte alle Grazie - "Le cappelle costruite sugli attraversamenti fluviali in onore della Madonna e dei Santi Patroni garantivano l'intervento divino che neutralizzava il pericolo delle acque sottostanti". Pericolo che in tempi recenti si è manifestato almeno due volte, nel marzo 2013 e nel febbraio 2017, quando la Sieve si ingrossò in modo preoccupante, lambì le arcate e costrinse alla chiusura al traffico del ponte. Ma in entrambi i casi la minaccia rientrò senza danni rilevanti. Non fu così nel febbraio 2014, quando la Sieve esondò. Il campo sportivo finì sotto 70 centimetri d'acqua. La piazza di Sagginale, giardini e orti, scantinati, alcune case, furono allagati.

La lapide sul tabernacolo (8 settembre 1947)

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