Al paese di Monte Ripaldi accompagna una strada che ha per nome Via Suor Maria Celeste. È una strada che sale, anelante al cielo, una scia di profumo che vuol portarsi a Dio.
Così inizia Monte Ripaldi, secondo racconto della raccolta Via Toscanella, scritta da Ottone Rosai nel 1930. Veramente non è un racconto, è uno schizzo pittorico realizzato usando la penna anziché il pennello, ed è brevissimo. Una paginetta soltanto.
Queste poche parole mi avevano fatto ripromettere di andare in cerca della via e della mèta. A Monte Ripaldi c'ero già stato alcune volte in passato, ma di Via Suor Maria Celeste non avevo un ricordo preciso. Immaginavo fosse una delle tante stradine collinari che rendono i dintorni di Firenze unici al mondo. Non mi sbagliavo.
Suor Maria Celeste è il nome che assunse Virginia Galilei (1600-1634), figlia illegittima di Galileo, quando entrò nel convento delle Clarisse del vicino convento di San Matteo in Arcetri. Celeste. Anche lei, dunque, anelò al cielo, non meno del padre, anche se da un diverso punto di vista. Ma diverso forse fino a un certo punto. Adorava il babbo, lo rivela il nutrito carteggio epistolare con lui, giunto a noi purtroppo solo in un senso. Le risposte dello scienziato furono distrutte quand'egli ancora non era visto molto bene dalle autorità religiose. Solo nel 1737 si scoprì che padre e figlia erano stati sepolti assieme nello stesso feretro. Altri particolari sulla religiosa li trovate in questo articolo di Luciano Canova.
Suor Maria Celeste è il nome che assunse Virginia Galilei (1600-1634), figlia illegittima di Galileo, quando entrò nel convento delle Clarisse del vicino convento di San Matteo in Arcetri. Celeste. Anche lei, dunque, anelò al cielo, non meno del padre, anche se da un diverso punto di vista. Ma diverso forse fino a un certo punto. Adorava il babbo, lo rivela il nutrito carteggio epistolare con lui, giunto a noi purtroppo solo in un senso. Le risposte dello scienziato furono distrutte quand'egli ancora non era visto molto bene dalle autorità religiose. Solo nel 1737 si scoprì che padre e figlia erano stati sepolti assieme nello stesso feretro. Altri particolari sulla religiosa li trovate in questo articolo di Luciano Canova.
Lunga e tortuosa, Via Suor Maria Celeste si diparte dal Largo Enrico Fermi, presso il Poggio Imperiale, e, non limitandosi a condurre verso Monte Ripaldi ma anzi dipanandosi e anche sdoppiandosi più volte, finisce per sboccare in Via Gherardo Silvani, non distante dalla Propositura di San Felice a Ema. Io ne ho percorso solo una parte, per raggiungere appunto Monte Ripaldi. Dopo il tratto di Via San Leonardo opposto a quello che conduce al Forte Belvedere, con la bicicletta a mano perché è contromano e, contrariamente a quanto credevo, è trafficatissimo, mi sono letteralmente tuffato nella via anelante al cielo.
Per un ciclista con un minimo di allenamento, Via Suor Maria Celeste è - e ci risiamo - il Paradiso, perché ad ogni salita segue subito una discesa. Dopo il traffico di Via San Leonardo, qui domina il silenzio. Macchine rarissime, passanti ancora di più. Rosai scriveva:
Nei muri, negli alberi e nelle rade case che la costeggiano c'è impressa la fede e i pochi viandanti che passano hanno qualcosa di differente a tutti i viandanti di tutte le strade. Il loro passo è mite, lo sguardo dolce, il loro incedere: di gente tranquilla, serena, vicina agli spazi celesti.
Io però ho incrociato solo due ragazze che, parlando tra loro fittofitto in americano, hanno proseguito il loro camminare abbastanza frettoloso dopo avermi guardato incuriosite e forse chiedendosi perché scattavo foto.
Coltivazioni. Soprattutto olivi. Muretti che sanno forse meno di Ottone Rosai che di Telemaco Signorini. Una villa chiamata Torre al Pino. Altre ville in lontananza. Boscaglia. Sulla destra della strada vi sono frequenti leggeri slarghi, che permettono alle macchine di sfilarsi, e ai passanti - se ci sono - di affacciarsi sulla valle dell'Ema. La quale compare in lontananza, quasi evanescente. Ha un che di onirico. Sarà la forza di suggestione, ma il colore che davvero rimane nella memoria percorrendo questa via è l'azzurro. Il Celeste. Gli olivi, onnipresenti alla vista, fanno quasi da tramite col verde del resto della vegetazione e, dal verde, dissolvono nell'azzurro..
Via Suor Maria Celeste prosegue a destra. Un gruppo di studenti e studentesse usciti da un portone quasi al bivio ci si avvia chiacchierando. Anche loro parlano americano. Io, dovendo raggiungere Monte Ripaldi, svolto in Via S. Matteo in Arcetri. Le sensazioni non cambiano. Non c'è da sorprendersi: per un buon tratto corre parallela a Via Suor Maria Celeste, a una quota più bassa. Si raggiunge la chiesa che dà il nome alla via. È chiusa. Da dentro si sente una musica d'organo. Il cartello I luoghi della fede ci informa che, dopo essere stato monastero femminile prima delle Agostiniane poi delle Clarisse, dal 1897 è passato ai Carmelitani Scalzi, e che l'attuale costruzione è recente. Poche centinaia di metri più avanti, al trivio di Via S. Matteo con Via del Pian dei Giullari e il Viuzzo di Monte Ripaldi, su una lapide senza data, leggeremo un proclama degli implacabili e Spetabili Otto di Guardia e di Balìa, che proibisce nel modo più assoluto di giocare a gioco di carte di palla palloncino di ruzzola et a qualunque altro simile gioco entro un raggio di duecento braccia dal convento.
Via Suor Maria Celeste prosegue a destra. Un gruppo di studenti e studentesse usciti da un portone quasi al bivio ci si avvia chiacchierando. Anche loro parlano americano. Io, dovendo raggiungere Monte Ripaldi, svolto in Via S. Matteo in Arcetri. Le sensazioni non cambiano. Non c'è da sorprendersi: per un buon tratto corre parallela a Via Suor Maria Celeste, a una quota più bassa. Si raggiunge la chiesa che dà il nome alla via. È chiusa. Da dentro si sente una musica d'organo. Il cartello I luoghi della fede ci informa che, dopo essere stato monastero femminile prima delle Agostiniane poi delle Clarisse, dal 1897 è passato ai Carmelitani Scalzi, e che l'attuale costruzione è recente. Poche centinaia di metri più avanti, al trivio di Via S. Matteo con Via del Pian dei Giullari e il Viuzzo di Monte Ripaldi, su una lapide senza data, leggeremo un proclama degli implacabili e Spetabili Otto di Guardia e di Balìa, che proibisce nel modo più assoluto di giocare a gioco di carte di palla palloncino di ruzzola et a qualunque altro simile gioco entro un raggio di duecento braccia dal convento.
Il silenzio quasi surreale che continua a dominare Via S. Matteo viene festosamente sbaragliato dal vocio di bambini proveniente dall'interno della Scuola Galilei - Istituto comprensivo Galluzzo. All'ingresso è rimasta la lapide con su scritto un rassicurante - per un anziano! - Scuola Elementare - maschile e femminile - Galileo Galilei. Siamo proprio all'angolo con Via S. Michele a Monte Ripaldi. Nuovo saliscendi, mentre le voci si affievoliscono rapidamente. Bivio con una strada senza uscita, annunciata da relativo cartello. Discesa. E mi trovo nella piazzetta di Monte Ripaldi, dominata sulla sinistra dalla bassa facciata della chiesa di S. Michele e dall'alto campanile neogotico. Pochi metri più in là, la via termina con la cancellata della Villa La Piccioncina. In un portone di fronte la chiesa entra un signore che aveva appena parcheggiato la sua auto e mi aveva gioiosamente salutato in francese. Sarà frutto del caso, ma in questa mia pedalata - passeggiata non ho incontrato un solo viandante italiano.
Ci si sente irrazionalmente al sicuro, qui. Si ha come l'impressione che in questo luogo raccolto eppure prospiciente spazi aperti vastissimi nulla possa farci del male. La chiesa, antica ma modificata nel '700, è chiusa. Nel 1548 ne fu rettore il mugellano Monsignor Giovanni Della Casa. Sì, quello che scrisse il Galateo. Sulla bacheca, annunci dei prossimi festeggiamenti in onore del titolare. Il campanile è davvero bello e svetta sulla piazzetta in grande armonia ed equilibrio con la chiesa, la canonica e le altre case. Uno lì per lì s'immagina sia una costruzione antica che da secoli veglia rassicurante sulla piazzetta, e ci rimane quasi male a leggere che è stato costruito solo nel 1871, da un tale ingegner Adolfo Mariani.
Dall'altra parte, tra cipressi, un basso parapetto. Al di là, la valle dell'Ema. Per essere straordinaria, lo è. Eppure, come mai mi accorgo di non esserne così entusiasta come mi aspettavo?
Ero stato qui in un giorno di pausa dagli studi per la maturità (1979!) col mio compagno di liceo Gianni. Lo avevo fotografato seduto sul muretto. Entrambi eravamo rimasti incantati da quanto avevamo visto. Sono riuscito poi a ritrovare la foto. Scattata male e stampata peggio, rivela però, a differenza di adesso, l'ampio e disteso aprirsi di un panorama mozzafiato. Oggi, un folto e fastidioso cespugliame in primo piano ostruisce in gran parte la visione magica della valle, che si perde in lontananza. In questa lontananza, tra gli ondulamenti del terreno, i villaggi, le case sparse, le ville, spicca la Certosa. Ma ecco perché, affacciandomi, la mia ammirazione era disturbata da una perplessità che non sapevo spiegarmi, non ricordando bene.
Dall'altra parte, tra cipressi, un basso parapetto. Al di là, la valle dell'Ema. Per essere straordinaria, lo è. Eppure, come mai mi accorgo di non esserne così entusiasta come mi aspettavo?
Ero stato qui in un giorno di pausa dagli studi per la maturità (1979!) col mio compagno di liceo Gianni. Lo avevo fotografato seduto sul muretto. Entrambi eravamo rimasti incantati da quanto avevamo visto. Sono riuscito poi a ritrovare la foto. Scattata male e stampata peggio, rivela però, a differenza di adesso, l'ampio e disteso aprirsi di un panorama mozzafiato. Oggi, un folto e fastidioso cespugliame in primo piano ostruisce in gran parte la visione magica della valle, che si perde in lontananza. In questa lontananza, tra gli ondulamenti del terreno, i villaggi, le case sparse, le ville, spicca la Certosa. Ma ecco perché, affacciandomi, la mia ammirazione era disturbata da una perplessità che non sapevo spiegarmi, non ricordando bene.
Purtroppo una nota amara conclude dunque la relazione di questa pedalata, che costituisce il post numero 100 del mio blog. Mentre Ottone Rosai chiudeva così:
Da i muri sgorgano fiori di ogni razza inondando il paese di delicati profumi.
Gli abitanti irreali, il cielo immenso, tutto fatto per lui.
Tutto è nuovo, giovanile, in questo paese incantato. L'erba sempre verde è un continuo sbocciare di fiori.
Il sole vi sosta delicato carezzando dolcemente le cose.
Monte Ripaldi, dal giorno che ti ho scoperto ho trovato Dio.
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