Fu un episodio curioso quello avvenuto nel 1687 durante uno dei tentativi di istituire a Firenze un Seminario per i chierici.
Tentativi che in passato non erano mancati. Papa Eugenio IV, rifugiatosi a Firenze nel 1433, assunse anche la carica ad interim di Arcivescovo data la sede allora vacante. Conscio dei limiti culturali del clero locale, fondò un Collegio dei Chierici, che da lui prese il nome di Collegio eugeniano. In sostanza, a trentatré giovani avviati alla vita religiosa, particolarmente meritevoli, veniva assegnata una sorta di borsa di studio per la frequentazione del collegio stesso. In seguito, il numero di studenti aumentò e il collegio conquistò un notevole prestigio. Ma non rispondeva al tipo d'istituto che era stato poi decretato dal Concilio di Trento (1545-1563), perché era un po' come le scuole attuali: i suoi chierici si riunivano per il canto corale e per la scuola, e poi tornavano alla libertà della vita cittadina.
Via S. Elisabetta |
Via del Campanile, già via della Morte, oggi... |
L'Arcivescovo di Firenze era all'epoca Monsignor Jacopo Antonio Morigia. Milanese, colto e illuminato, forte di precedenti esperienze nella sua città d'origine, volle darsi da fare per la realizzazione di un convitto per i chierici che rispettasse i decreti tridentini. Il Granduca Cosimo III gli concesse quello che Morigia riteneva per un simile istituto il luogo più adatto, allora occupato dall'Opera di S. Maria del Fiore, presso la chiesa di S. Benedetto nella piazza omonima, sempre in prossimità della Cattedrale.
Non si sanno con precisione i motivi per cui l'iniziativa non era guardata con grande favore. Può darsi che Mescoli vedesse nel nuovo Seminario un pericoloso concorrente, e avesse iniziato a spargere maldicenze. O l'impresa sembrava un'opera di proporzioni superiori ai mezzi, soprattutto finanziari. Di sicuro, l'ostilità nei confronti dell'Arcivescovo e/o del'erigendo seminario si manifestò a tutto tondo il giorno della posa solenne della prima pietra.
Era il 20 aprile 1687. Durante la cerimonia il coro intonò a cappella il Salmo 126:
Nisi Dominus aedificaverit domum,
in vanum laboraverunt qui aedificant eam.
Ovvero: Se il Signore non edifica la sua casa, altri inutilmente si affaticano per edificarla.
Il maestro di cappella cominciò a far ripetere, con lunghissime modulazioni, fino allo sfinimento, le parole in vanum laboraverunt. I presenti, dapprima in pochi qua e là, poi sempre più numerosi, con un crescendo non molto opportuno in simile frangente, iniziarono a sorridere, poi a ridacchiare, poi a ridere, poi a sghignazzare apertamente.
Il malaugurio non tardò a concretizzarsi. Sette anni e parecchie difficoltà dopo, l'Arcivescovo gettò la spugna. Restituì all'Opera di S. Maria del Fiore l'antica sua residenza e ne ottenne in cambio le case che allora essa occupava. E dovette ricominciare da capo. Nonostante le energie profuse, non riuscì nel suo intento. Anche il suo successore Leone Strozzi non ebbe maggior successo. Si dovette attendere la nomina ad Arcivescovo di Monsignor Tommaso Bonaventura dei Conti Della Gherardesca, e il 1712, perché Firenze avesse il suo Seminario.
Il Collegio Eugeniano andò avanti in modo indipendente. Nel 1734 si trasferì nei locali dell'antico Studio fiorentino, in via - appunto - dello Studio, e all'inizio del '900 il Cardinale Mistrangelo gli dette la forma di convitto. Nel 1937 il Cardinale Elia Dalla Costa lo soppresse facendolo confluire nel Seminario Fiorentino. Il quale, dopo vicissitudini non sempre del tutto tranquille (l'occupazione napoleonica è un esempio), nondimeno tuttora, accanto alla splendida chiesa di S. Frediano in Cestello (foto d'apertura), felicemente esiste.
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