Resterà aperta fino al 15 giugno, con orario 10 - 17, la mostra allestita nel salone Donatello della Basilica di S. Lorenzo a Firenze, intitolata Il cammino dell'uomo tra arte e fede - da Ugo Guidi a Igor Mitoraj. Se non conoscete questi due artisti, e non solo loro, l'occasione per scoprirli è imperdibile, e vi assicuro che non ve ne pentirete.
Chi aveva ammirato, tra 2015 e 2016, l'esposizione di Palazzo Strozzi Bellezza divina - tra Van Gogh, Chagall e Fontana, avrà l'impressione di trovarsi davanti a una sorta di logica prosecuzione di un lungo percorso sull'arte sacra, stavolta rivolto particolarmente agli ultimi 50-60 anni. Vincenzo Nobile, curatore della mostra, si schermisce in merito. Anzitutto, mi dice, si è circoscritto il contesto al figurativo. E infatti è presente una sola opera astratta, un marmo di Sylvestre intitolato Divertimento. "In secondo luogo, ho radunato opere di artisti che, pur provenendo dai paesi più disparati, hanno in qualche tempo, in qualche modo, avuto contatti con Pietrasanta". Che è un po' il suo quartier generale. Qui infatti ha sede la Nag-Art Gallery da lui diretta. Ma non pensate a qualcosa di limitante. Al contrario, ci si rende conto di come Pietrasanta - e dintorni - costituisca un autentico crocevia di correnti e tendenze artistiche. "A Forte dei Marmi esiste il museo dedicato a Ugo Guidi (1912-1977). A Pietrasanta è tuttora attivo l'atelier di Igor Nitoraj (1944-2014)"
La sezione dedicata a Ugo Guidi |
Si viene introdotti da una serie di poster dedicati a Giovanni Michelucci - preceduti da uno dei suoi ultimi disegni originali -, che illustrano alcuni suoi edifici sacri. Non solo la celebratissima Chiesa dell'Autostrada, ma la Chiesa dei SS. Pietro e Gerolamo di Collina (PT), o la Chiesa dell'Immacolata Concezione di Longarone. Poi, come scrive Rossana Mezzavia sul bel catalogo, "Lo spazio espositivo di 800 metri quadri del salone Donatello è stato pensato da Vincenzo Nobile, architetto, come un organismo costituito da 11 elementi vitali, 11 spazi chiusi su tre lati dove accogliere in ciascun ambiente un artista 'storicizzato' di fama internazionale.". C'è però un dodicesimo spazio, non circoscritto ma distribuito uniformemente in tutta l'area come un tessuto connettivo, ed è dedicato a giovani artisti emergenti. Non importa se un paio di essi hanno superato la settantina, e molti sono emersi alla grande da tempo, come Giampaolo Talani: ciò che importa è che essi "rappresentano una sorta di linfa vitale, di sangue che irrora il corpo della mostra".
Gesù lavoratore di Ugo Guidi, 1958 |
L'introduzione del catalogo è curata da Antonio Paolucci, il quale cita Paolo VI, "quel grande intellettuale del Novecento":
Quando stupisce di fronte al miracolo del Vero visibile, quando si pone di fronte ai supremi interrogativi della vita, della morte, dell'altrove, quando si accosta all'immenso enigma dell'animo umano, l'arte è sacra, è 'naturaliter' religiosa.
Troverete infatti anche opere non strettamente sacre, ma che in qualche modo hanno un filo rosso che le collega alla fede. Perché - e queste sono invece parole di S. Giovanni Paolo II, riportate dal Cardinale Betori - l'arte,
anche al di là delle sue espressioni più tipicamente religiose, quando è autentica, ha un'intima affinità con il mondo della fede, sicché, nelle condizioni di maggior distacco della cultura dalla Chiesa, proprio l'arte continua a costituire una sorta di ponte gettato verso l'esperienza religiosa. In quanto ricerca del bello, frutto di un'immaginazione che va al di là del quotidiano, essa è, per sua natura, una sorta di appello al Mistero. Persino quando scruta le profondità più oscure dell'anima o gli aspetti più sconvolgenti del male, l'artista si fa in qualche modo voce dell'universale attesa di redenzione.
Afferma poi Paolucci:
Il fatto è che l'artista contemporaneo chiamato a dipingere o a scolpire un 'fatto' delle Scritture, sa che tutto è già stato messo in figura, che le immagini accumulate dalla storia dell'arte lo sovrastano, lo circondano, in certo senso lo opprimono. (...) Tutto questo pone un problema delicato, di soluzione non facile.
Tutti gli artisti presenti alla mostra sembrano davvero muoversi alla ricerca, serena o spasmodica, di questa soluzione. Ricerca che, attraverso sentieri diversi e talora antitetici, conduce a esiti che possono volta a volta lasciare perplessi, convincere, commuovere, esaltare. Ma che non possono far dubitare, è il caso di dirlo, della buona fede degli Autori.
Daphne du Barry, Maddalena penitente |
Così, ammirate le sculture di Daphne du Barry (foto d'apertura), classicheggianti quanto mozzafiato, ci si incuriosisce davanti ai Life vest di Tano Pisano (brulichii di giubbotti salvagente ovvero salvavita); e magari si resta sconcertati di fronte l'affollatissima Ultima cena di Vezio Moriconi e Lorenzo D'Andrea.
LIfe vest di Tano Pisano |
L'ultima cena di Vezio Moriconi e Lorenzo D'Andrea |
O si resta storditi dalla versatilità rinascimentale, sovrapponibile solo alla sua commossa aderenza artistica alle Scritture, di un artista come Ugo Guidi, che manca al mondo da quarant'anni, e adesso ci pare, e in questo contesto ancor più, un assoluto classico del XX secolo. Mi limito a questi pochi esempi, presi arbitrariamente, per la qual cosa mi scuso con gli artisti non citati. Gli autori che hanno composto il sentiero di questa mostra hanno (di)mostrato quanto c'è ancora da dire su soggetti e argomenti destinati a non tramontare mai, e dunque peraltro a perenne rischio inflazione. Ma è un rischio che è necessario correre, e che si può superare a patto di considerare priorità assoluta l'urgenza espressiva e comunicativa, e rinunziare come fosse Satana alla ricerca della novità per la novità, o dell'avanguardia fine a se stessa, o ai piccioni imbalsamati per far notizia. Gli artisti presentati a Il cammino dell'uomo tra arte e fede ci sono riusciti.
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