martedì 8 novembre 2016

Quando Dante ingaggiò una ciofeca


  

Presso Borgo S. Lorenzo, nel cuore del Mugello. La faticata che si fa a raggiungere, dal Poggio di Ronta per una stradina erta e stretta, la rocca di Pulicciano, è ampiamente compensata dal panorama mozzafiato che quasi ci aggredisce una volta affacciati al parapetto. Oggi possiamo approfittare di questa posizione per bearci pacificamente della magnificenza del paesaggio mugellano.

In passato, invece, esisteva un castello. Lo storico Carlo Celso Calzolai riporta una tradizione, di cui però non ho trovato conferme, secondo cui sarebbe stato fondato dalla Contessa Matilde. Federico II lo confermò agli Ubaldini nel 1220, ma nel 1254 lo acquistò il Comune di Firenze. Padre Lino Chini (1875) lo descrive in pochi tratti: "Questo castello (…) era uno de' più belli e più inespugnabili del Mugello. Circondato di forti mura, guernito di bastite e di torri mirabilmente serviva a tenere in rispetto i feudatari dell'Alpi, e guardare il passo degli Appennini tra le Romagne e l'agro fiorentino dalla parte di Val di Lamone. Campeggiava sublime da lungi, e parea a chi lo guardava il guardiano de' monti mugellani, dominandoli da ogni lato."
Pulicciano fu per molto tempo un luogo la cui importanza strategica era ben nota agli eserciti, e fu testimone di numerosi assedi. Sulla facciata della superstite chiesa di Santa Maria, una lapide ricorda il più importante di questi, che risale al 1303, ed ebbe tra i protagonisti indiretti Dante Alighieri. Il Divino Poeta, allora già esule, aveva aderito alla fazione dei Guelfi Bianchi, i quali insieme con i Ghibellini stavano armandosi per fare ritorno a Firenze. Alla guida del riminese Scarpetta degli Ordelaffi, 6.000 fanti e 800 cavalieri occuparono il contado fiorentino ed espugnarono il borgo, ma non la fortezza di Pulicciano. Il podestà fiorentino Fulceri da Calboli intervenne immediatamente, sconfiggendo Scarpetta e provocando lo scompiglio generale del suo esercito, la maggioranza dei cui componenti fuggì a precipizio. Degli altri, Fulceri fece poi una carneficina.


La frase sulla lapide che vuole la rocca lieta dello scampo di Dante richiede almeno due precisazioni. Innanzitutto lascerebbe supporre una presenza del Vate a Pulicciano durante l'assedio, ma non fu così: nessuno degli storici ne fa menzione, mentre è data per certa la sua partecipazione all'adunata dei Bianchi nella chiesa di San Godenzo l'anno precedente. In secondo luogo, la letizia per il suo scampo non fu immediata: dapprima, al contrario, i Bianchi gli avrebbero fatto volentieri la pelle o giù di lì, perché era stato lui a suggerire come capitano Scarpetta, poi risultato del tutto incapace. Dante si trovò insomma nella situazione di tanti odierni presidenti di squadre calcistiche, i quali sbandierano di avere acquistato lo straniero eccezionale fenomeno super campione, che poi si rivela una ciofeca. Anche allora c'era bisogno di qualcuno cui dare la colpa, e toccò al Sommo Poeta. Dante non fu certo l'unico responsabile della disfatta, ma fu allora che abbandonò la militanza nei Bianchi, dopo un anno scarso, e fece 'parte per se stesso'.



E Pulicciano? Resistette ad almeno altri due assedi degni di ricordo da parte degli storici. Nel 1351, durante l'assedio di Scarperia, una parte dello schieramento guidato da Giovanni Oleggio, braccio armato dell'Arcivescovo milanese Giovanni Visconti, tentò di espugnare la rocca, ma, nonostante la superiorità numerica, fu respinto dalla tenacia dei popolani. Sempre i Visconti, nel 1440, inviarono Niccolò Piccinino alla conquista di Firenze. Anch'egli tentò l'assalto al castello di Pulicciano. Anch'egli inutilmente, nonostante la sua abilità militare e nonostante un assedio di 28 giorni. Non ci fu scampo invece nel 1529, l'anno dell'assedio di Firenze, quando Pulicciano, al pari di Ronta, Vicchio e Gattaia, subì il saccheggio delle truppe di Balasso Naldi.
Ancora secondo Carlo Celso Calzolai ('Ronta Pulicciano Razzuolo nel Mugello', 1973), il forte fu distrutto quando il dominio della Romagna passò ai Medici e le fortificazioni al di qua dell'Appennino si resero vane. La data in cui fu raso al suolo, tuttavia, non è nota. Oggi, sul terrapieno, rimane la Chiesa di Santa Maria a Pulicciano, la cui data di fondazione è pure incerta (1220?), e che è stata più volte ricostruita e restaurata. 




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