Una monografia del 2013 (Barbora Klipcová – Petr Uličný, Domenico Pugliani: A New Face in the History of Wallenstein Palace in Prague, Umění 61, 2013, pp. 206–220), citata dal Bollettino dell'Istituto Storico Ceco di Roma (n. 9, 2014), ma passata finora apparentemente inosservata ai più, ha chiarito definitivamente il mistero.
Domenico Pugliani nacque a Vaglia nel 1589 da una famiglia abbastanza facoltosa di lavoratori della lana, e fu uno dei non pochi allievi di Matteo Rosselli. Iniziò la carriera come brachettone per conto di Bartolomeo Corsini (1545-1613), il quale non gradiva "certe pitture fatte in Fiandra di donne ignude". Iscritto nel 1612 all'Accademia del Disegno, lavorò molto fianco a fianco col suo Maestro. Si guadagnò la stima (e le commesse) del Cardinale Carlo, fratello del Granduca Cosimo II. Risale al 1620 una delle sue opere più celebri: Il beato Salvatore da Orta risana gli infermi, nella chiesa francescana di Ognissanti.
Salvatore da Orta, Chiesa di Ognissanti, Firenze |
Ma Domenico dipinse solo S. Pietro e S. Paolo.
S. Pietro. Sacrestia Pieve di S. Pietro a Vaglia |
Dovendo partire per la Germania, non fece in tempo a terminare l'incarico. Volle però indicare, con lungimiranza, chi avrebbe potuto portarlo a termine nel migliore dei modi. Si trattava di un giovane anch'egli allievo di Rosselli, che avrebbe in seguito fatto parlare di sé: Lorenzo Lippi.
Dei tredici dipinti, solo sei sono tuttora esposti nella sacrestia della Pieve di S. Pietro. Quattro andarono perduti, tre furono rubati nel 1971.
Dunque, Domenico Pugliani parte per la Germania. Ma allora il termine Germania era estremamente vago. Per anni ci si è chiesto: ove andò, cosa dipinse, e per chi? Ed eventualmente cosa è rimasto? La risposta data da Barbora Klipcová e Petr Uličný è sorprendente, ma documentata. Praga! E non solo. Il committente era un pezzo da novanta: Albrecht von Wallenstein, uno dei protagonisti della Guerra dei Trent'Anni. Neanche l'incarico era secondario: la decorazione del suo Palazzo. Quel palazzo che oggi è sede del Senato ceco.
D'altronde, se Wallenstein era indubbiamente, come scritto su Wiki, un "abile stratega e grande organizzatore, [che] costituì e comandò un efficiente esercito di mercenari tedeschi con il quale ottenne molte vittorie sconfiggendo numerose volte gli stati protestanti nemici dell'Impero", ciò non sottintendeva in lui una particolare affabilità e bonarietà. Oggi è descritto come "inusualmente ambizioso, privo di scrupoli ed irascibile, un valido esempio di arrivismo patologico." Il suo Palazzo doveva rispecchiare la sua megalomania.
Aveva dato un primo incarico a un sedicenne Baccio del Bianco, che era al seguito di Giovanni Pieroni, architetto di fiducia di Wallenstein. Baccio lo portò avanti ...finché resistette al carattere del committente, cioè molto poco. Sentite cosa scrisse in seguito Baccio stesso al suo amico Biagio Marmi, in una lettera riportata da Filippo Baldinucci: "Il Principe di Bolenstain (sic.), che fu poi Duca Di Fridland, e Generalissimo, che fu morto per Ribello: quell'uomo, che a' suoi giorni fece impiccare più uomini di quel che non ne fussero nati in cent'anni; quello, che faceva tremare i campanili, non che le persone; quello, che per benemerito d'avere rotto lo Sveco, morto il re, e messo in pace l'Impero; quello, che nel servizio di tanti anni, con tanta fedeltà s'era acquistato nome di Generalissimo, di povero Signore e privato soldato ch'egli era; fu miseramente morto da' sua più interni amici (così vanno le grandezze del mondo) e quel che è peggio, col nome di Ribello". Era vero. Avrebbe fatto una brutta fine nel 1634, ucciso perché scoperto a trattare con i nemici dell'Imperatore.
I lavori iniziarono alla fine del 1623, ma nell'autunno 1624 Baccio se l'era già squagliata. Fu probabilmente ancora Pieroni a suggerire a Wallenstein di ingaggiare Pugliani. Il contratto stipulato con il pittore vagliese porta la data del 16 marzo 1627 (in realtà 1628), e prevede la decorazione della sala, dell'uditorio, di 2 gallerie, 2 oratori, la cappella compreso l'altare, per un compenso di 2.205 fiorini. Secondo gli studiosi, Pugliani in alcuni casi dipinse sopra a quanto realizzato da Baccio del Bianco. Non sappiamo come Domenico si trovò con l'isterico Duca. I lavori terminarono ad ogni modo nel 1630.
Non sono riuscito a trovare fotografie delle sue opere all'interno del Palazzo se non nella monografia stessa di Barbora Klipcová e Petr Uličný che, se siete iscritti a academia.edu, potete scaricare da qui.
Pugliani rimase a Praga e probabilmente fu lui il pittore italiano che ancora Wallenstein richiese per la decorazione del suo Palazzo Jičin. Quest'ultimo ha avuto troppi restauri e ristrutturazioni per poter confermare o smentire che Pugliani vi abbia veramente lavorato. Di certo nel 1633 era di nuovo a Firenze, dove riscosse l'onorario per i dipinti di Vaglia realizzati cinque anni prima.
Domenico Pugliani continuò a lavorare a Firenze e nei dintorni. Il suo stile si ammorbidì e in parte adattò alle nuove tendenze di cui Francesco Furini era l'esponente più valido. Risale al 1636 la Comunione di Santa Maria Maddalena in S. Maria Maggiore a Firenze. Degli stessi anni il contributo allo Studio di Casa Buonarroti, commissionato da Michelangelo Il Giovane e realizzato di nuovo in collaborazione col suo maestro Matteo Rosselli, oltre che con Cecco Bravo. Nel 1640 affrescò l'Oratorio dei Vanchetoni, ancora insieme con Cecco Bravo, Lorenzo Lippi e il Volterrano. Sono solo alcuni esempi.
Ma il suo stile iniziava a risultare forse ugualmente superato. Fatto sta che le commissioni si fecero sempre più rare, e Domenico dovette chiedere incarichi pubblici per mantenere la sua numerosa famiglia. Ottenne il posto di Podestà di Montespertoli (1646) e, in seguito (1648), di Reggello. Morì a Firenze nel 1758.
Domenico Pugliani fu artista di grande talento, cultura e sensibilità, pur senza avvicinarsi alle vette di un Furini o di un Lorenzo Lippi. Filippo Baldinucci non gli dedicò che poche righe, e questo contribuì a farlo restare per secoli nell'oblio. Ancora oggi meriterebbe una rivalutazione, anche se si è tornati a parlare di lui in particolare grazie al lavoro dello storico dell'arte Riccardo Spinelli, e dopo la mostra sul Seicento fiorentino allestita a Firenze nell'ormai lontano 1986.
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