venerdì 23 giugno 2017

Ecco perché l'Angelico NON si chiamava Tosini


Quale era il cognome del Beato Angelico? Non si è mai riusciti a saperlo. Commentando la biografia di Giorgio Vasari sull’artista mugellano autore dello sbalorditivo Giudizio finale che vedete in apertura, Gaetano Milanesi (1878) scrive: “Fra Giovanni, al secolo appellato Guido o Guidolino, nacque presso il castello di Vicchio (…) da un cotal Pietro del quale s’ignora il cognome; e coloro che lo dissero de’ Tosini, de’ Montorsoli, de’ Petri, non saprebbero addurci un sol documento valevole a comprovarlo”.
Petri derivò da una confusione col nome del padre Pietro, Montorsoli da un’assonanza con lo scultore Giovanni Angelo Montorsoli (1507-1563).

È più difficile spiegare l’origine del sedicente cognome che più di tutti ha resistito e tuttora resiste: Tosini. Penso di averla trovata (dimostrando così che Tosini non è il cognome del nostro pittore) in uno scritto di Giuseppe Piacenza a commento della biografia dell’Angelico nelle “Notizie de’ professori del disegno” di Filippo Baldinucci. L’edizione da me consultata è datata 1813, ma è di sicuro una ristampa. Piacenza narra di essere rimasto perplesso quando aveva letto, in una delle Lettere fiesolane dell’erudito canonico Angelo Maria Bandini, un riferimento a un dipinto “opera del padre del beato Angelico Santi Tosini, chiamato maestro Michele Ridolfo Tosini”. Il che era in contraddizione con i numerosi documenti in cui l’Angelico risultava figlio di un Pietro, o Piero. Bandini, interpellato, aveva risposto nel 1776 con una lettera: “Sarà stato un mio sbaglio, se ho asserito, che il padre del beato Angelico fosse maestro Michele Ridolfo Tosini, poiché dovevo dire, che il quadro (…) è opera di maestro Michele Ridolfo Tosini, padre di Santi Tosini religioso Domenicano di santa vita”.

Madonna delle ombre, Firenze, Museo di S. Marco

Nel 1795, però, nella sua celebre “Storia pittorica dell’Italia Dal Risorgimento delle Belle Arti fin presso al fine del XVIII secolo”, l’abate Luigi Lanzi scrisse di “un beato dell'Ordine domenicano, chiamato Fra Giovanni da Fiesole o il Beato Giovanni Angelico, al secolo Santi Tosini, come leggesi nelle Novelle Letterarie del 1773”.
Non sono riuscito a rintracciare quest'ultima fonte. Ma è evidente che nelle Novelle doveva essere stata citata la Lettera fiesolana senza la rettifica di Bandini, peraltro come abbiamo visto di tre anni posteriore. L’autorevolezza del Lanzi e del suo testo fece sì che quasi tutti gli storici a seguire presero per buona la sua affermazione. Cosicché in molti dizionari e storie dell’arte, accanto alla voce Beato Angelico o alle sue varianti (fra Giovanni da Fiesole, per dirne una), veniva specificato “al secolo Santi Tosini”, oppure Guido di Pietro Tosini.

Oltre a quella di Gaetano Milanesi citata all'inizio, passò inosservata la nota di Giovanni Masselli (1838) alle vite del Vasari: “Nella storia pittorica del Lanzi (…) si dice che fra Giovanni si chiamava al secolo Santi Tosini: ma questo è un errore attinto alle lettere Fiesolane ove, nella quarta di esse, confondesi fra Giovanni con altro religioso dello stesso suo ordine e convento”.

Tabernacolo dei Linaioli, Firenze, Museo di S. Marco
Passò inosservato anche quanto scrisse Vincenzo Fortunato Marchese nelle sue dettagliate “Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani” (1845): “Il Lanzi (…) afferma che al secolo [l’Angelico] fosse Santi Tosini, figlio di un Michele Ridolfo Tosini pittore. Ma frate Santi Tosini religioso domenicano del convento di Fiesole, piissimo invero, e alquanto versato nella pittura, morì in Roma più di centocinquant’anni dopo il beato Angelico (1608).”. E aggiunse: “Di questo P. Santi Tosini morto con grande opinione di santità, abbiamo una biografia non breve nella cronaca MS di s. Domenico di Fiesole. Credesi aiutasse il padre a restaurare la miracolosa immagine di Maria ss. Annunziata in Firenze”.
Parole al vento. L’equivoco sopravvive ancora ai giorni nostri. Un solo, significativo esempio: un'autorità come Cristina Acidini Luchinat, nel catalogo sulla grande mostra del 2008 Mugello culla del Rinascimento, chiama l'Angelico Guido di Pietro Trosini: ulteriore variante, del pari diffusa.

Nel prossimo post racconterò qualcos'altro sul vero Santi Tosini.

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