Colpisce e un po' addolora sapere che di via delle Cascine prima che sorgesse la Manifattura Tabacchi si sia persa in pratica qualunque memoria. Me lo conferma il mio amico Maurizio Bertelli, un'autorità in storia del quartiere fiorentino di S. Jacopino: tutto ciò che resta di quello che era un popoloso e animato borgo è una fotografia. Una sola fotografia. Per fortuna molto bella. Sullo sfondo si vede il tram numero 17. La linea tramviaria per le Cascine assunse questo numero a partire dal febbraio 1907. La foto dev'essere posteriore, ma forse non di tanto. A destra, questa infilata di palazzi, oltretutto piuttosto dignitosi, come dignitoso era l'abbigliamento e il contegno degli abitanti tutti ben allineati in posa per lo scatto, i piccoli in prima fila. Ma di lì a non molto le abitazioni sarebbero andate incontro al loro destino.
Si era in pieno regime fascista. Gli stabilimenti nell'ex Convento di S. Orsola, in cui si producevano i sigari toscani, e nella chiesa sconsacrata di S. Pancrazio, ove si realizzavano manufatti più fini, non erano più in grado di seguire l'evoluzione tecnologica in corso. Si individuò in via delle Cascine e nella zona retrostante l'area in cui realizzare un unico, moderno impianto industriale.
Le demolizioni delle case iniziarono nel 1933. L'intervento riguardò un'area di ben sei ettari, e si risolse nella creazione di un vero e proprio villaggio polivalente. La foto aerea più in basso (l'ho trovata qui, non disponendo di un drone!) mostra una sorta di cittadella, compatta ma eterogenea dal punto di vista architettonico. L'edificio che comprendeva gli uffici e le sale maternità, prospiciente via delle Cascine, in travertino con bassorilievi di Francesco Coccia, e che si continua anche stilisticamente con l'ex dopolavoro, oggi Teatro Puccini, è noto a tutti i fiorentini. Il suo stile, monumentale senza essere magniloquente, lo rende gradevole ancora oggi.
Gli edifici retrostanti, destinati alla produzione e alla logistica, furono realizzati in stile e all'insegna del razionalismo. Scrive Cristina Cecchi: "L'edificio che più richiama lo stile razionalista è quello a pianta rettangolare posto lungo l'asse Nord-Sud, che conteneva al suo interno l'infermeria, la sartoria, gli spogliatoi separati per uomini e donne, la cucina, il refettorio e la mensa."
In guerra, la Manifattura ebbe, suo malgrado, un ruolo da protagonista, almeno in due fasi.
Non si può infatti dimenticare il ruolo svolto dalle lavoratrici della Manifattura nella Resistenza e in particolare durante lo sciopero generale del 3 marzo 1944. L'episodio viene raccontato su www.toscananovecento.it, da cui copio un estratto. Ma prima ritengo opportuno ricordare che il citato maggiore Carità, delatore, torturatore di Villa Triste, fucilatore di partigiani e autore dell'orrendo eccidio di cinque ragazzi renitenti alla leva (Campo di Marte 22 marzo 1944), è stato uno degli esseri più rivoltanti e abominevoli che Firenze abbia conosciuto in tutta la sua storia.
Il caso della Manifattura Tabacchi è ancora adesso esempio di unità e di coraggio: all’epoca dello sciopero il 90% degli addetti era rappresentato da donne. Lo sciopero iniziò precisamente alle ore 13 quando due sigaraie, Marina e Valeria, staccarono l’interruttore principale delle macchine. In precedenza loro stesse avevano raccomandato gli uomini che lavoravano all’interno dell’azienda di non esporsi troppo perché sarebbero stati in maggiore pericolo in caso di una possibile reazione da parte delle autorità. Quando l’interruttore fu staccato, incitarono le compagne ad abbandonare il lavoro e a recarsi nel cortile interno dell’azienda da dove cominciarono a chiedere la fine della guerra e più cibo per i figli. In contemporanea un gruppo di donne si presentò al Direttore della Manifattura presentandogli le richieste delle scioperanti. Il Direttore promise che avrebbe riferito alle autorità competenti le richieste che gli erano state riportate, ma che le sigaraie nel frattempo avrebbero dovuto riprendere a lavorare; nonostante questo le donne dichiararono che avrebbero ripreso il loro lavoro solo quando tutte le richieste fossero state accolte. Poiché il 4 marzo ancora lo sciopero non si era concluso e le sigaraie continuavano imperterrite la loro protesta, la direzione decise di convocare Carità per porre fine alla manifestazione. Carità si presentò alla Manifattura Tabacchi alle ore 10 del 4 marzo accompagnato da un gruppo di militi armati di tutto punto, ma nonostante la sua presenza le sigaraie non abbandonarono la loro posizione e a lui non rimase che andarsene molto rapidamente.
L'11 agosto iniziò come noto la battaglia di Firenze. I tedeschi si erano assestati su una linea che partiva da Piazzale del Re e, passando proprio per via delle Cascine, proseguiva oltre il viale Redi. Avevano occupato la Manifattura e ne avevano fatto una sorta di fortilizio, contrapposto al vicino e inespugnabile Casone dei Ferrovieri, edificio che occupa un intero isolato munito di un grande cortile interno e di due soli ingressi, presidiato dai partigiani e punto di riferimento per la popolazione dell'intero quartiere. Via Mercadante, che lo collega a via delle Cascine, fu teatro di scontri sanguinosi, fino al 18 agosto, quando gli invasori, incalzati dalle squadre partigiane, lasciarono frettolosamente il loro presidio.
Scrive ancora Cristina Cecchi: "Nel 1999 l'Ente Tabacchi Italiani (Ente pubblico nato nel 1998 per acquisire le attività produttive e commerciali dei Monopoli di Stato ad esclusione del Lotto e delle Lotterie e per privatizzare e dismettere parte del patrimonio) ne rilevò la proprietà e avviò la graduale dismissione della produttività che culminerà, dopo sessanta anni, con la definitiva chiusura della Manifattura fiorentina nel marzo del 2001."
Strano a dirsi, durante tutti questi anni non si è però mai riusciti a individuare chi ha realizzato il progetto. Nel titolo del post ho scimmiottato poco elegantemente la celebre poesia di Brecht i cui primi tre versi dicono: "Tebe dalle sette porte, chi la costruì? Ci sono i nomi dei re, dentro i libri. Son stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?" Il fatto è che, dentro i libri, di nomi proprio non ce ne sono. Sui testi si legge in genere che il complesso è opera di un non meglio identificato Ufficio tecnico del Monopolio di Stato. Chi ne facesse parte non è chiaro. Le attribuzioni che sono state formulate nel corso del tempo (Gamberini, Michelucci, Fagnoni) sono state smentite dagli interessati.
In tempi recenti è stato fatto con una certa insistenza il nome dell'ingegner Pier Luigi Nervi. Nel libro Nervi per l'industria: i Magazzini del Sale di Tortona, Federica Stella assegna senz'altro la Manifattura all'ingegnere autore dello Stadio fiorentino. In effetti Nervi era titolare dell'impresa costruttrice. La torre che sovrasta il Teatro Puccini è una versione ridotta ma non meno bella della torre di Maratona dello Stadio. Possibile, dunque, che Nervi abbia progettato la manifattura? Sì, e anche probabile. Ma non documentato. Salvo aggiornamenti, da nessuna parte è scritto esplicitamente. Con buona pace di Wikipedia, che formula la stessa attribuzione.
Così, mentre per una struttura ancora oggi molto amata dai fiorentini si prospetta un dignitoso futuro di rinascita (o almeno uno se l'augura) dopo anni di incertezze, l'incertezza su chi ne sia il progettista - o i progettisti - sembra destinata a non essere risolta.
Grazie Paolo per questa storia, non mi ero mai informata ma mi sono sempre chiesta quanto fosse grande, e quale fosse stato il suo percorso ... ora so.
RispondiElimina:-* :-* :-*
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