martedì 26 settembre 2017

15 marzo 1880: San Donato capitale del mondo.


"Ah, come vorrei trovare un uomo che si impegnasse per cambiare le mie collezioni ogni giorno!".

Come riportato dai cronisti dell'epoca, Paolo, o meglio Pavel Demidoff, Principe di San Donato, era un uomo perennemente insoddisfatto e continuamente in cerca di divertimenti ma, una volta che li aveva ottenuti, gli venivano subito a noia e ne cercava altri.

Pavel Demidov (1839-1885)
Pavel Demidoff apparteneva a una famiglia veramente ricca sfondata. Il capostipite Demid Antuf'ev faceva il fabbro a Tula, 200 km. circa a sud di Mosca, e il figlio Nikita (1678-1745) mise su una bottega artigiana d'armaiolo. Cesare Da Prato, nel suo ponderoso Firenze ai Demidoff (1886) racconta un aneddoto avvenuto durante la Grande Guerra del Nord (1700-1721), uno dei non pochi annosi conflitti russo svedesi. Lo Zar Pietro il Grande, trovandosi nei pressi di Tula ed essendoglisi guastata la pistola di precisione tedesca, la portò a riparare a Nikita. Questi, anziché ripararla, ne fabbricò una identica e di identiche qualità tecniche, lasciando il sovrano abbacinato. In seguito gli fornì una quantità esagerata di fucili al costo di 1 rublo e 80 copechi, laddove armi di pari qualità costavano minimo 12 rubli. Nikita e Pietro il Grande divennero amici. Nel 1712 sorse la prima fabbrica d'armi russa (l'Arsenale di Tula che esiste tuttora), cui è attribuito un ruolo decisivo nella vittoria finale della Russia contro la Svezia.
La discendenza dei Demidoff ha poi lavorato di lena, consolidando e ampliando a dismisura quello che poi è diventato un impero.
Li cita anche Boris Pasternak nel Dottor Zivago. Uno dei personaggi afferma:

"Il nostro cognome, Samdevjatov, non è altro che San Donato trasformato alla maniera russa. Pare che discendiamo dai Demidov. (...) I principi Demidov di San Donato. Ma forse è solo una storia, una leggenda di famiglia".

Ma, com'è noto, i Demidoff (translitterazione errata ma ormai nell'uso comune) non si sono limitati ad accumulare ricchezze inimmaginabili. Hanno creato lavoro, hanno promosso e diffuso arte e cultura, hanno profuso a piene mani opere di beneficenza e di mecenatismo. Il titolo di Principe di San Donato citato da Samdevjatov fu conferito dal Granduca Leopoldo II nel 1840 ad Anatoli Demidoff.

Anatoli Demidov (1812-1870)
Il padre di quest'ultimo, Nikolaj (1773-1828), era approdato a Firenze nel 1822 e, nel 1825, acquistò la tenuta di San Donato a Novoli, che era in stato di penoso abbandono. Dal 1828 iniziò la costruzione di Villa San Donato. Scrive Cesare da Prato:

Quel luogo isolato, povero, sprovvisto di tutto, fu in pochi anni trasformato in vero centro di ricchezza, chiamato il regno Demidoff, d'onde migliaia di persone trassero esistenza comoda e signorile: la celebrità che prese il suburbio da tale trasformazione si rammenterà sempre nei fasti dei fiorentini.

La chiesa di S. Donato divenne una biblioteca. La costruzione della villa implicò la distruzione del convento, di cui non è rimasta traccia. A San Donato, Nikolaj prima e Anatoli dopo, poterono tuttavia sfoggiare le loro capacità in primo luogo sul piano imprenditoriale: vi impiantarono un'azienda di produzione della seta a partire dai gelsi che dette lavoro inizialmente a 150 donne, poi diventate molte di più; in secondo luogo su quello artistico e culturale, creando una collezione da far invidia al Louvre; infine su quello della beneficenza, a cui neanche l'indolente Pavel rimase impermeabile. Nel 1878 una carestia ridusse i poveri di Firenze letteralmente alla fame. Pavel fece costruire la Cucina economica Elena Demidoff, un ordigno in grado di distribuire 399 razioni in 15 minuti, e completamente a sue spese: 32.000 Lire oro!
L'ingresso da via Corteccia di Villa Demidoff
oggi 'recuperata' per appartamenti civili.
D'altronde abbiamo visto che tipo era Pavel. Nel 1872 aveva acquistato dai Lorena per 300.000 Lire oro il Parco di Pratolino, anch'esso non in condizioni ottimali. Villa San Donato, con dentro una stratosferica collezione di opere d'arte di ogni genere ed epoca, e che neanche Superman avrebbe potuto mai cambiare ogni giorno, nel 1879 gli era venuta già forse a noia, dopo che l'aveva ereditata solo dieci anni prima dallo zio Anatoli. Voleva - scrivono ancora i contemporanei - mettere su una collezione sua personale. E quella, immensa, messa insieme da zio Anatoli e da nonno Nikolaj? Andò all'asta.

Fu un evento epocale. Il 15 marzo 1880 l'attenzione di tutto il mondo della cultura intercontinentale era puntata su Villa San Donato. Stavano col fiato sospeso l'Arciduca Carlo d'Asburgo, il conte di Chateaubriand, l'ambasciatore belga, diversi dei Rothschild, i direttori dei musei di Parigi, Berlino, Bruxelles, Anversa, un numero imprecisato di antiquari. L'incasso del primo giorno fu di 81.611 dollari, quello del secondo di 204.948, di 250.806 quello del terzo, per un totale di 537.365 dollari, una cifra fantasmagorica. Per due giorni le sale furono aperte al pubblico, e i fiorentini le invasero sapendo che non avrebbero più potuto rivedere tante meraviglie tutte insieme. Erano state stampate a Parigi, per i tipi di Pillet, tre versioni del catalogo generale delle opere messe all'asta, due delle quali in volume unico, ma diverse per carta e pregio generale. La più pregiata fu tirata in 300 copie e da tempo i collezionisti si contendono a colpi di mortaio quelle poche ancora esistenti. L'altra versione è oggi on line, e la potete esaminare qui.

La riproduzione del Geografo 
di Vermeer sul catalogo
Tra le vendite più cospicue, il ritratto di Anne Cavendish di Anthony Van Dyck andato ai Rotschild per 30.000 dollari dell'epoca; diversi Rembrandt aggiudicati a prezzi tra i 20 e i 29.000 dollari; Giubileo di Adrian Van Ostade, per 29.000 dollari. Evidentemente quest'ultimo era allora ben più quotato di Jan Vermeer, il cui Geografo andò per 4.400 dollari (circa 160.000 euro attuali) a un tale M. Bourgeois.
S'imbarcarono alla volta di New York le repliche della Porta del Paradiso di Ghiberti realizzate in scala ridotta (altezza 3,55 m, larghezza totale 2 m) da Ferdinand Barbedienne (1810-1892). Costituivano l'ingresso della Cappella di Villa San Donato (foto d'apertura). Avevano richiesto tre anni di lavoro, ed erano costati ai Demidoff l'equivalente di 20.000 dollari di allora.
Il 5 maggio iniziò l'asta dei libri della biblioteca che, secondo Cesare da Prato, erano almeno 40.000, quasi tutti di altissimo valore. La biblioteca si svuotò, ma si dovette aspettare oltre ottant'anni perché l'edificio tornasse ad assolvere al suo compito originario: quello di chiesa parrocchiale. Tale fu consacrata il 1° giugno 1963 dall'Arcivescovo Mons. Ermenegildo Florit.

L'interno della chiesa di S. Donato, ex biblioteca Demidoff.


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