venerdì 2 febbraio 2018

I poster dell'Angelico 2.


Come avete visto nel post precedente, della Tebaide di Budapest abbiamo solo la parte di sinistra, mentre di quella all'estrema destra è rimasta una fotografia prima che andasse venduta, e la centrale è del tutto sconosciuta. Non è certo un'eccezione: un soggetto del genere, fatto di singoli episodi narrativi giustapposti, si presta facilmente ai tagli e alle frammentazioni, per lo più a scopi commerciali. Il dipinto nella foto d'apertura  subì a suo tempo analoga, triste sorte. Nonostante manchi il pezzo centrale superiore, va reso onore al merito di Michel Laclotte e  Anne Leader che hanno saputo identificare e assemblare da principio solo virtualmente questo autentico puzzle i cui cinque pezzi si trovavano in vari angoli del globo: uno ad Anversa, tre in Francia ma in posti differenti, uno a Philadelphia. 
La storia complessiva e le storie rispettive dei tasselli sono dannatamente complicate, e non ancora interamente chiarite. Le riassume Laura Fenelli nel già citato Atlante delle Tebaidi e dei temi figurativi.  "Difficile"  afferma "è giungere a conclusioni certe sia sulla provenienza della tavola, sia sul momento in cui fu smembrata: si può ipotizzare che la traumatica divisione (...) risalga alla fine del XVIII secolo o agli inizi del XIX, quando i pittori primitivi divennero oggetto di commercio antiquario".
Non fu facile comprendere l'unitarietà del dipinto che, come l'opera di recupero e riassemblaggio, ha richiesto anni e ha visto il contributo di storici del calibro di Pope-Hennessey. Si pensava all'inizio a frammenti di una predella. Nel 1999 Anne Leader, scrive ancora la Fenelli, "notò sia la presenza di un piccolo monaco in una grotta nel frammento n. 2 [quello in basso a sinistra], sia la continuità della corda calata da un eremita tra i frammenti nn. 4 e 5 [i due di destra].". Questi ultimi due elementi stavano quindi uno sopra l'altro, non fianco a fianco. 

Immagini tratte da https://quellidelmuseodisanmarco.blog/
Nell'ottobre 2012 mi imbattei in una notizia data dall'ANSA: “Un dipinto inedito del Beato Angelico, conservato nel sud della Francia da un'unica famiglia dal XIX secolo e attribuito al monaco fiorentino solo nel 2005, è stato venduto all'asta a 445.000 euro oggi a Marsiglia.”. Si riferiva al frammento centrale, l'ultimo a essere rintracciato. Ne scrissi sul Galletto, settimanale mugellano, del 3 novembre dello stesso anno, aggiungendo altri particolari che avevo trovato sul web: "Il pannello venduto a Marsiglia è stato attribuito all’Angelico solo nel 2005 da Michel Laclotte, specialista della pittura italiana dei secoli XIV e XV ed ex Direttore del Louvre, che lo ha datato intorno al 1430." E concludevo:  "Sapere che un dipinto dell’artista mugellano è stato aggiudicato per una cifra astronomica può inorgoglire. In realtà quella della vendita di Marsiglia è purtroppo una brutta notizia. La base d’asta era stata tenuta bassa nella speranza che l’opera venisse acquistata da un museo per poter essere ammirata dal pubblico. Speranza vana. Il frammento di Tebaide non era mai stato esposto o prestato per mostre dai precedenti proprietari e, con ogni probabilità, essendo finito nelle mani di un altro – ricchissimo – privato, non lo sarà neanche in futuro." 
Non me ne occupai oltre, e sbagliai. Ero stato decisamente pessimista.  Nell'ottobre 2014, in una mostra al Museo Condé di Chantilly venne presentata la Tebaide nei cinque frammenti ritrovati al completo. Il collezionista si rivelò meno egoista di quanto avevo temuto! Inoltre tre dei cinque pezzi erano stati sottoposti a un restauro che aveva confermato il combaciare dei vari margini e - fatto non secondario - la straordinaria qualità dell'opera, oggi attribuita in modo pressoché unanime all'Angelico con, al più, una collaborazione della sua bottega. 

Il frammento con S. Girolamo (?) dopo il restauro
Non tutto ancora, ripeto, è stato chiarito. Cosa mostra(va) il frammento mancante? Probabilmente una marina, ma ...andrebbe rintracciato. Finora, tutte le ricerche sono state vane. E poi, non c'è accordo sugli episodi raffigurati. In alto a sinistra si vede San Romualdo che impedisce all'imperatore Ottone III di entrare in Camaldoli, o S. Ambrogio che impedisce all'imperatore Teodosio di entrare in chiesa. E subito sotto, nel frammento più angelichiano di tutta l'opera, vediamo la conversione di S. Agostino o la penitenza di S. Giuliano. Più probabilmente il santo in alto a destra è S. Girolamo, immancabile in queste rappresentazioni. Anche se è stata avanzata l'ipotesi che sia S. Benedetto. Ma cosa narra l'episodio sottostante? Si pensa al rifiuto della tiara papale da parte di San Gregorio Magno, o di Celestino V. Non c'è - per forza  - accordo neanche sulle fonti di riferimento. Si è avanzata la proposta di un testo di Enrico da Friemar, datato 1334 e intitolato Tractatus de origine et progressu Ordinis fratrum eremitarum, ma con parecchi se e parecchi ma. Ed è dato invece per molto probabile una un contributo fattivo, anche qui, di Ambrogio Traversari. Insomma, c'è parecchio materiale di discussione per gli storici.
A noi non rimane che ammirare incondizionatamente la straordinaria messa in scena dell'opera, che rappresenta un passo in avanti formidabile rispetto alla Tebaide degli Uffizi e non solo. E rende difficile, almeno per quanto riguarda il progetto, l'ossatura generale, negarne l'attribuzione all'Angelico. Il quale si serve con grande sapienza di alcuni artifici prospettici per offrirci non più una sorta di visione piatta e dalla prospettiva generale azzerata, ma un punto di vista come dall'alto di un grande anfiteatro, con i quattro episodi laterali vicini allo spettatore e che tuttavia fanno convergere gli sguardi sullo splendido convento centrale.  Laura Fenelli, riprendendo da Laclotte, riconosce nel dipinto

un'immagine destinata a illustrare l'eremitismo e il cenobitismo, in una sorta di virtuosa concorrenza tra i due modelli, e a suggerire le vocazioni nel contesto di un rilancio della vita contemplativa nell'Italia del XV secolo. Si può dunque immaginare, come collocazione originaria, che il pannello si trovasse in un luogo comunitario all'interno di un convento, dove poteva essere osservato e meditato. 

Quale convento, naturalmente, non si è al momento riusciti a sapere.

1 commento:

  1. interessante e direi affascinante queste storie Paolo... ce ne parli il 18 Febbraio

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