venerdì 28 ottobre 2016

Lasciò il suo paese all'età di vent'anni,

con in tasca due soldi e niente più. Non cominciò a fare la vagabonda girando paesi e città. Approdò a Firenze e, il giorno dopo, già lavorava al Bottegone. Cosa vuol dire avere carattere! E poi, Susi La Rosa, il vecchio paese della sua gioventù - Milazzo - ce l'ha tuttora nei visceri, ed è della sua terra che le sue creazioni parlano da sempre incessantemente. L'Istituto Statale d'Arte di Milazzo e l'Accademia di Belle Arti di Firenze, per fortuna, hanno non imbrigliato ma favorito lo sviluppo inarrestabile di un talento. Gli incontri giusti - per esempio con Filippo Benci: origini e generazioni diverse, sensibilità uguale -, le attività creative in parallelo - corsi per bambini, arredo - hanno poi consolidato ulteriormente il suo cammino.
Susi La Rosa dipinge opere materiche figurative. Non ho inserito il ma tra i due aggettivi, perché lei riesce ad accordarli perfettamente. Altre due caratteristiche rendono i suoi dipinti immediatamente identificabili. Il mono o bicromatismo: solo di rado compare un terzo colore; e i titoli. I titoli sono creativi quanto l'opera, e fondamentali per la stessa. Cosa rara per non dire unica. Sono sempre stato del parere che un titolo dovrebbe essere essenziale ai limiti dell'ascetismo. Giorgio Morandi intitolava tutti i suoi quadri Ritratto, Paesaggio e Natura morta. Susi mi ha fatto ricredere. Nel suo caso, s'intende. Voglio dire, guardate questa tecnica mista presentata alla collettiva Artisti dal Mondo a Firenze per Toscana Expo 2015. Il suo titolo, Dammi un bacittu cu sa buccuzza i rosa, è parte integrante dell'opera. Oltre a fugare eventuali dubbi sulla terra d'origine di Susi.

Mentre in questo selfie ci mostra A vitti e m'innamurai.
Conosco Susi da tre anni. Da qualche anno di più, Mauro Baroncini. Li ho incontrati insieme a Firenze, perché stanno allestendo una mostra alla Biblioteca dell'Isolotto. L'arte di Mauro, fiorentino, già membro del G.A.D.A. (Gruppo Amici Dell'Arte), oggi colonna portante dell'Associazione Giotto e l'Angelico, è agli antipodi rispetto a quella di Susi. "Quando mi proposero una personale alla Biblioteca", mi racconta, "mi dissi: non voglio farla da solo. Chi sarebbe l'ideale per esporre con me? Qualcuno che sia completamente diverso: Susi! Chi altri?" E in effetti, ...non ci sarà pericolo di confondere i due Autori. Mauro fa della sfumatura di colore un'arma estetica formidabile. Più che iperrealista la sua pittura si potrebbe definire iperfigurativa. Nel 2011 lo ritrassi in occasione della sua personale (non l'unica) alla Casa di Giotto di Vespignano, davanti a una sua galleria di ritratti.


Che non sono il suo unico genere. Io ho un debole per i suoi muretti, dipinti con una meticolosità ai limiti del maniacale. Mauro e Susi mi parlano di questo, di espressività, di comunicativa, di radici. Soprattutto radici. Culturali, umane, profondissime, che peschino nella nostra Fiorenza (titolo di un dipinto di Mauro), o si allunghino giù giù nella storia millenaria di una penisoletta siciliana chiamata Milazzo, che si affaccia sul Tirreno ed è abitata dall'uomo a partire dal 4.500 a.C. Susi cita Cielo d'Alcamo, il cui Contrasto Rosa fresca aulentissima... (guarda caso citato da Dante nel De vulgari eloquentia) conosce a memoria e le ha ispirato un'altra sua tecnica mista. Sarà uno dei pezzi forti della mostra. La quale non a caso avrà il bellissimo, arcaico titolo Tuscia et Sikelia. Si inaugurerà alla Biblioteca dell'Isolotto il 2 novembre alle 17 e resterà visibile, nell'orario della Biblioteca stessa, fino al 23 novembre. Nella locandina, l'autentico pezzo di bravura grafico è opera di Pino Marcosano. Che è il marito di Susi. C'è da sorprendersene?



1 commento:

  1. Grazie Paolo della tua attenta analisi che rende più emozionante questo mio viaggio con Mauro Baroncini.

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