Eligio è il Santo protettore dei maniscalchi, come anche dei fabbri, degli orafi e in genere di coloro che hanno a che fare con i metalli. Nacque a Chaptelat, presso Limoges, nella Francia sud occidentale, verso il 590, e morì a Noyon nel 660. In Italia il suo nome è stato storpiato nel corso del tempo da numerose contrazioni. Quelle del titolo sono solo alcune. Sant'Alò, in particolare, è protagonista di un detto popolare la cui origine è contesa da varie regioni italiane: fare come Sant'Alò, che prima morì e poi s'ammalò, e altrettanto variamente è riferito agli ipocondriaci o a chi vorrebbe sovvertire l'ordine delle cose. Su Toscana Oggi, Carlo Lapucci cita altri detti: "Sant'Alò piantava i chiodi nei buchi già fatti; Sant'Alò si bruciò il dietro e la camicia no [l'originale dev'essere più esplicito...]; Sant'Alò lasciò il mondo come lo trovò". Naturalmente nessuno di questi ha il benché minimo riferimento alla figura reale del Santo.
All'esterno di Orsanmichele, in via dell'Arte della Lana all'angolo con via dei Lamberti, troverete il monumento a Sant'Eligio forse più noto, di certo il più visto. Fu realizzato da Nanni di Banco intorno al 1420, su incarico dell'Arte dei Maniscalchi. Il Santo è raffigurato in abito vescovile nella sua nicchia. Alla base, un bassorilievo raffigura l'episodio a sua volta più noto della vita di Eligio. Probabilmente a causa di esso i maniscalchi lo vollero come protettore. Ma viene raccontato in versioni diverse. Giorgio Batini, in Firenze - pochi lo sanno (Bonechi, 1990), narra:
... Sant'Eligio, già bravissimo maniscalco francese, si vantava di saper ferrare una zampa di cavallo con tre colpi soli. Ed ecco che un giorno entrò nella sua bottega uno sconosciuto il quale gli mostrò un metodo ancora più veloce: tagliò la zampa di un cavallo, la ferrò con un colpo solo, e quindi con un segno di croce riattaccò l'arto dell'animale mutilato.
Eligio, riconosciuto il Signore nel forestiero, si gettò in ginocchio ai suoi piedi, dimenticando la passata superbia e diventando modesto.
Questa versione è più o meno confermata recentemente da Erik von Kremer in Malattie patronati e leggende - demoiatria e consumo del sacro (Cavinato Editore, 2016), il quale però aggiunge il particolare truculento del tentativo di Eligio di emulare lo sconosciuto, mutilando irrimediabilmente un altro cavallo. Tuttavia sulla pagina Wikipedia dedicata all'opera di Nanni di Banco la vicenda è semplificata: "una zampa accidentalmente tagliata in fase di ferratura a un cavallo viene miracolosamente ricongiunta al corpo dell'animale." Insomma chi ci rimette è sempre la povera bestia.
Petrus Christus, Sant'Eligio nella bottega di un orefice. New York, Metropolitan Museum of Art. |
Per fortuna della specie equina, non è altro che una leggenda popolare, di cui - salvo errore - si ignora l'origine. Non ne fa cenno Jacopo da Varazze nella Leggenda aurea. Non ne fa cenno Sant'Ouen da Rouen (!) che di Eligio fu il primo biografo, e che da Eligio stesso era stato nominato vescovo. Nella sua Vita di S. Eligio, tradotta dal latino al francese da Louis de Montigny e dal francese in italiano dal chierico Giorgio Gucmanno (1629), non risulta nemmeno che Eligio abbia mai fatto il maniscalco.
E Ouen non è certo parsimonioso nel narrare i miracoli compiuti dal Santo sia durante sia dopo il suo passaggio su questa terra. La storia inizia con un classico dell'agiografia: la madre, il giorno prima del parto, ha una visione celestiale: una bellissima aquila che volteggia su di lei, come profetizzandole per il nascituro un avvenire radioso nella gloria di Dio. Più interessante il miracolo laico compiuto dal giovane Eligio, apprendista orafo nella bottega del prestigioso maestro Abbone. Il re Clotario II consegna al giovane l'oro necessario per realizzare un trono adeguato al suo ruolo. Eligio con quest'oro di troni gliene fa due, lasciandolo di sasso e gettando peraltro una luce sinistra sull'onestà e sulla buona fede dei colleghi.
Il culto del Santo non tardò a diffondersi ampiamente fino alle nostre regioni, ed ebbe un notevole successo durante il Medioevo. Le categorie di lavoratori che ne hanno richiesto il patronato si sono fatte sempre più numerose. Tra queste, oltre a quelle citate all'inizio, vanno aggiunte quella dei carrettieri, e ancora i netturbini, i mercanti di cavalli, i veterinari, fino ai garagisti.
Ecco quanto scritto sul Martirologio romano:
A Noyon in Neustria, ora in Francia, sant'Eligio, vescovo, che, orefice e consigliere del re Dagoberto, dopo aver contribuito alla fondazione di molti monasteri e costruito edifici sepolcrali di insigne arte e bellezza in onore dei santi, fu elevato alla sede di Noyon e Tournai, dove attese con zelo al lavoro apostolico.
Foto di Marinella Ines Rusmini |
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