venerdì 21 aprile 2017

Il Crociato inesistente: Pazzino de' Pazzi


Questo affresco, che di trecentesco ha solo lo stile, si trova nella chiesa suburbana fiorentina di San Donato a Torri, e fu realizzato dal pittore e restauratore Gaetano Bianchi verso il 1870. L'iscrizione alla base dice: Messer Pazzino de' Pazzi tornato vittorioso dallo acquisto del S.to Sepolcro rende grazie a Dio et a Sancto Donato. Un falso artistico che illustra un falso storico. Vediamo perché.

Si fa risalire la tradizione dello Scoppio del Carro alla prima Crociata. Pazzino de' Pazzi, fiorentino, fu il primo a piantare la bandiera cristiana sulle mura di Gerusalemme e per questo - si era nel 1099 - ebbe da Goffredo di Buglione, oltre lo stemma di famiglia, tre pietre focaie provenienti dalla Chiesa del Santo Sepolcro, reliquie da usare per l'accensione dei fuochi durante la notte della Pasqua di Resurrezione. Pazzino importò così a Firenze il rito ortodosso del Fuoco Sacro, che viene celebrato ancora oggi nella Chiesa del Santo Sepolcro. Un rito antichissimo: ne riferisce anche Eusebio di Cesarea. È un evento miracoloso che si ripete ogni Sabato Santo. In realtà si tratta di una specie di gioco di prestigio, peraltro di straordinaria suggestione, grazie al quale, dalla prima fiammella accesasi in modo 'sovrannaturale', tutti i presenti ne accendono a loro volta altre, e la luce si espande nella chiesa e poi fuori.


Il Palazzo dei Pazzi, via del Proconsolo
Ugualmente suggestiva doveva essere la processione di fiammelle accese che usciva dall'abitazione della famiglia dei Pazzi che, come abbiamo visto, deteneva le pietre focaie. Ognuno poi, con la propria, avrebbe acceso il focolare di casa. Voleva dire, a Firenze come a Gerusalemme, che Cristo era risorto e la luce tornava sulla terra. In seguito si adottò il carro perché la luce e la gioia si riversassero su tutta Firenze. Il rito fu poi spostato alla domenica e, con aggiustamenti nel corso del tempo, divenne infine quello a tutti noto, che parte durante la Messa solenne col volo della colombina all'intonazione del Gloria. Le pietre furono poi custodite nella chiesa di S. Biagio, detta anche di S. Maria Sopra Porta, attualmente sede della Biblioteca di Parte Guelfa. Oggi si conservano nella Chiesa dei SS. Apostoli.


Abbiamo detto tradizione, però. La realtà è diversa. Nel 1982, all'interno di un volume curato da Franco Cardini (Toscana e Terrasanta nel Medioevo, Alinea ed. )Sergio Raveggi scrisse una monografia non molto conosciuta. Il titolo è: Storia di una leggenda: Pazzo dei Pazzi e le pietre del Santo Sepolcro. Lo storico, in modo circostanziato e convincente, compì una vera opera di separazione della storia dalla leggenda, del grano dal loglio. Ne tento un riassunto.

Il reliquiario con le tre pietre focaie e la colombina
nella Chiesa dei SS. Apostoli
Anzitutto le reliquie, le tre pietre focaie non provengono affatto dal Santo Sepolcro. Lo comprese facilmente già nel 1773 il capitano Giovanni Mariti. Lui i Luoghi Santi li aveva visitati e aveva constatato che nel Santo Sepolcro di pietra focaia non ce n'era traccia. Le reliquie potevano invece provenire dal Monte Oliveto, che era ricco di selci. Ciò, aggiungeva Mariti, non infirmerebbe il resto della storia. Le pietre potrebbero essere state portate in Italia proprio da un crociato, magari uno della famiglia Pazzi. 
 

La detenzione delle pietre e del rito da parte della famiglia Pazzi fino dalle origini è in effetti documentata. Nella discussione del 1909 cui ho accennato nel post precedente, Davidsohn asserì che l'uso del carro fu ideato dai Pazzi solo dopo la congiura (1478) per riguadagnare popolarità. Padre Ristori, priore della Chiesa dei SS. Apostoli, rispose dimostrando carte alla mano che il carro era già stato adottato in epoca ben anteriore, e Davidsohn ne prese lealmente atto.

Ciò che non è documentato è il legame con la prima Crociata. Non lo è semplicemente perché questo legame non esiste. Né è mai esistita la figura dell'eroico portabandiera Pazzino. Dante nella Commedia non ne fa menzione, pur trattandosi di un personaggio e un episodio, sulla carta, più che eclatanti. Giovanni Villani - che aveva sposato una Pazzi e la famiglia la doveva conoscere bene - riferisce il rito del sabato santo, conferma che il rito stesso, ispirato a quello di Gerusalemme, è appannaggio dei Pazzi da molti anni, ma non fa alcun cenno alla Crociata. Per di più, non è mai stata documentata una partecipazione dei fiorentini alla prima né alla seconda Crociata, ma solo alla terza.
La terza Crociata, e ci sono i documenti, fu promossa a Firenze nel febbraio 1189, quando fu consacrata la Chiesa di San Donato a Torri citata all'inizio. Naturalmente, essendo trascorso quasi un secolo dalla prima, neanche se fosse realmente esistito Pazzino de' Pazzi avrebbe potuto far parte dei non pochi fiorentini 'arruolatisi' in quell'occasione per liberare il Santo Sepolcro. Fu inserito tra i partecipanti solo all'epoca dell'affresco di Gaetano Bianchi, per procurare un blasone in più alla chiesa.

La leggenda di Pazzino compare nero su bianco per la prima volta nel poemetto di Ugolino Verini detto il Verino dal titolo De illustratione urbis Florentinae, scritto tra il 1480 e il 1487. Secondo Raveggi, doveva essersi sviluppata nella prima metà del '400. Alcuni quesiti restano aperti, e lo storico riconosce di non poter avanzare altro che ipotesi, per quanto verosimili e, s'intende, su basi razionali.
Come ebbero i Pazzi il monopolio della fiammella? Probabilmente in un modo molto prosaico. Della fiamma sacra a Gerusalemme veniva fatto un lauto commercio. I Pazzi erano mercanti, e poterono aggiudicarsela dalla Chiesa ortodossa a caro prezzo. La simonia non era prerogativa della sola Chiesa romana!
Il Canto dei Pazzi, via del Proconsolo
Come nacque poi la figura di Pazzino? Ecco una possibile spiegazione. Jacopo Nacca Pazzi fu un personaggio storico - vero - che durante la battaglia di Montaperti (1260) fu assalito a tradimento e, nonostante gli avessero mozzato le braccia, volle stringere ugualmente con i moncherini fino all'ultimo lo stendardo di Firenze. Un eroe nel posto sbagliato. Avere tra gli avi un eroe di Montaperti non dava purtroppo gran lustro alla famiglia guelfa. Così forse si volle traslare l'episodio alla più lontana prima Crociata, mantenere il particolare della bandiera e fargli avere un lieto fine. E dargli il nome del figlio di Jacopo Nacca, quel Pazzino, "ardente guelfo, che - narra l'Enciclopedia dantesca - si rifugiò a Lucca dopo Montaperti, e, tornato che fu in patria, divenne uno fra i maggiori esponenti della sua fazione e poi sostenitore di Carlo di Valois e dei Neri; il pugnale di Paffiera Cavalcanti vendicò il 10 gennaio 1312, uccidendolo, le iniquità e gli assassini da lui perpetrati ai danni di Corso Donati e di Massimo de' Cavalcanti".







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