L'origine degli Umiliati, che approdarono a S. Donato a Torri (foto d'apertura) nel 1239, resta abbastanza nebulosa. Una leggenda, diffusasi non prima del '400 e ignota alle cronache precedenti, narra che l'Imperatore tedesco Enrico II (ca. 973-1024) fece catturare e deportare oltralpe alcuni nobili lombardi, carbonari ante litteram. Qui, convertiti, rinunciarono alle loro ricchezze e impararono dai maestri locali a lavorare la lana. L'Imperatore li convocò e disse loro: "Ora siete veramente umiliati". Difficile dire se vi sia un fondo di verità. La possibilità che l'arte di trattare i tessuti sia stata imparata nel nord Europa non è da scartare. Si è pensato inoltre che la storiella potesse tornare utile al momento in cui gli Umiliati avevano da trattare vendite di tessuti con la nobiltà e potevano così vantare (o millantare) una del pari nobile ascendenza.
La figura di S. Giovanni Oldrati, alla cui opera altri fanno risalire la nascita o la riforma degli Umiliati, è talmente asfissiata da elementi agiografici leggendari da far mettere talvolta in dubbio la sua reale esistenza.
Abbazia di Viboldone (San Giuliano Milanese): Madonna col Bambino tra Sant'Ambrogio e San Giovanni Oldrati |
Nel documento più antico giunto sino a noi riguardante l'ordine si afferma che gli Umiliati e le Umiliate, che abitavano la casa posta nella brera del Guercio a Milano, si liberano da una decima gravante sul loro possesso. Il documento porta la data del 7 novembre 1173, e la nascita degli Umiliati può essere anteriore al limite di qualche lustro. La storia di questo ordine nato in terra lombarda ha tratti comuni con i movimenti religiosi, più o meno ortodossi, che sorgevano allora come funghi. Il proposito degli Umiliati di vivere secondo i dettami della Chiesa primitiva senza possedere nulla personalmente, traendo i mezzi di sussistenza dal proprio lavoro e costituendo comunità di uomini e di donne che vivevano insieme in continenza, non aveva toni estremi(stici) che sconfinassero nell'aperta ostilità alla Chiesa. Tuttavia, furono scomunicati nel 1184 da Papa Lucio III, che li accomunò ad altri movimenti eretici. La scomunica durò fino al 1201, quando Innocenzo III li riabilitò e anzi ne approvò la regola.
L'Ordine si componeva di tre categorie: i chierici, che pur senza prendere i voti praticavano il celibato e vivevano in comunità, i laici (uomini e donne), che potevano sposarsi ma vivevano in comunità ed i laici (uomini e donne) che potevano vivere in casa propria. Fu dunque un ordine laicale, e il termine frati talvolta aggiunto è improprio.
Se è vero che gli Umiliati vivevano in povertà e solo del loro lavoro, è altrettanto vero che il lavoro in questione era decisamente remunerativo. L'Ordine non impiegò molto tempo a diventare una vera e propria industria. Dalla Lombardia si estese fino a Roma. I conventi - fabbriche raggiunsero, nel momento di maggior fulgore, il numero di 389, di cui 150 in Lombardia.
Sul ruolo e sull'importanza dell'ordine nell'evolversi dell'industria laniera nella città del Giglio i pareri sono discordi. Si era ipotizzato che l'Arte della Lana fiorentina fosse stata fondata dagli stessi Umiliati. In realtà esisteva già dagli inizi del '200, mentre - abbiamo visto - essi ebbero dal Vescovo Ardingo la chiesa e il convento di S. Donato a Torri (o in Polverosa) nel 1239. Lo storico Luigi Zanoni, in un ponderoso studio pubblicato nel 1911 e ristampato nel 1970, sostiene che quella degli Umiliati fu una grande e fiorente industria, la cui casa madre era nel nostro caso quella di S. Michele di Bergoglio (!) in Alessandria, che creò succursali ad Asti, Tortona, Genova e Firenze allo scopo di espandere la propria attività e i propri introiti, non diversamente da una catena di fabbriche o di negozi odierna. La strategia è riassunta da Zanoni: "Domandano un posticino fuori le mura, anche lontano dalla città, una chiesa abbandonata, anche diroccata, un ospedale. Una volta giunti sul posto, presto o tardi troveranno modo di entrare in città mediante oblazioni, prestiti, voti provocati durante pestilenze e guerre, e di collocarsi su un ampio sito."
Ognissanti |
Le notizie sugli anni seguenti sono contraddittorie. Da un lato lo storico Ferdinando Balazzi parla dell'acquisizione di sempre maggior prestigio da parte degli Umiliati, i quali esercitarono più volte gli uffici di camarlinghi del Comune. Dall'altro sappiamo che nel 1277 avevano ceduto del terreno in enfiteusi a un gruppo di uomini d'affari perché vi costruissero un complesso laniero. Nel 1278 si dichiararono disposti a cedere altri terreni ove costruire case per gli artigiani, un porticciolo, la postierla sull'Arno, la gora e le Mulina. Evidentemente gli affari non erano andati espandendosi come sperato.
Gli Umiliati avevano sviluppato una tecnica chiamata ars drapporum meçalane, con cui produceva un tessuto appunto di mezza lana grossolano, di alta qualità, diverso da tutti e immediatamente identificabile, al punto che si parlava di panni humiliati o anche solo di humiliati, come una sorta di griffe. I primi capi firmati ante litteram? Difficile dare una risposta certa, ma sicuramente in questo furono dei pionieri.
Come ancora accade oggi, probabilmente gli Umiliati subirono i cambiamenti, spesso imprevedibili, dei gusti e delle mode. Vi si aggiunse magari lo sviluppo della concorrenza. Tutto ciò non fece venir meno la stima che Firenze continuò a portare a questo ordine religioso che lavorò onestamente e - salvo errore - non tradì la sua regola. Né può essere dimenticato il contributo indiretto dato dagli Umiliati all'arte. Giotto realizzò ben tre opere per la Chiesa di Ognissanti: il Crocifisso - oggi situato nel transetto sinistro -, la Dormitio Virginis e la Madonna di Ognissanti che, e non è un'esagerazione, cambiò la storia dell'arte sacra.
L'interno di Ognissanti |
La decadenza vera e propria degli Umiliati iniziò con il XVI secolo. Nel 1561 nel Convento di Ognissanti i Frati Minori subentrarono agli Umiliati, i quali si trasferirono nel Monastero di S. Caterina, nell'odierna via omonima. Nel 1571, quando si erano creati notevoli contrasti tra la Chiesa e l'ordine entrato in sospetto di calvinismo, un Umiliato, a Milano, sparò all'Arcivescovo, il futuro San Carlo Borromeo. Non lo uccise. La repressione che ne seguì culminò con la soppressione dell'ordine da parte di Papa San Pio V.
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