Firenze, Oltrarno. Angolo, anzi cuneo tra Borgo S. Jacopo e Via dello Sprone.
Per raccontare una storiella estiva abbastanza divertente, oltre a documentarmi, mi sono recato a fotografare la fontana che ne è protagonista, e l'ho trovata come si vede nella foto d'apertura. Mi sono detto che veramente per la Fontana dello Sprone non c'è pace.
Intendiamoci. Nonostante su alcuni siti sia scritto il contrario, Firenze non ha mai avuto un particolare feeling per le fontane. Nulla in confronto a Roma, che è l'esempio più classico. Se Ottorino Respighi avesse composto un poema sinfonico dal titolo - anziché Roma - Le fontane di Firenze, sarebbe durato due minuti e mezzo! I turisti, non solo e non necessariamente quelli mordi e fuggi, per lo più di fontane fiorentine ne rammentano due: la fontana del Nettuno in Piazza Signoria, che per i fiorentini è la Vasca del Biancone (attualmente del tutto impacchettata per restauri), e la fontana del Cinghiale sotto la loggia del Mercato Nuovo, per tutti Il Porcellino. Possiamo aggiungervi quelle di Piazza SS. Annunziata e il complesso di Boboli.
I motivi ci sono. Per secoli, Firenze fece a meno delle fontane. Dopo la decadenza dell'acquedotto romano, l'approvvigionamento idrico dei fiorentini avveniva dai pozzi. Sarà il Granduca Cosimo I (1519-1574) a rivoluzionare il rapporto della città con l'acqua e a dotarla di un nuovo acquedotto. La collocazione di fontane e vasche ne sarà una delle conseguenze. Scrive Emanuela Ferretti, autrice di Acquedotti e fontane del Rinascimento in Toscana (Olschki 2016):
La rete voluta dal duca per la capitale si componeva di due strutture principali: una che entrava in città nei pressi di porta a San Gallo nel settore nord-est del circuito difensivo, alimentata dalle acque del Mugnone; l’altra, che captava l’acqua da alcune sorgenti a monte della collina di Boboli fuori le mura, era in parte correlata al sistema idrico del giardino della futura reggia di Pitti, a delineare un binomio rafforzato dai successivi interventi di potenziamento e ampliamento dell’infrastruttura attuati dai discendenti di Cosimo I e, in particolare, da Cosimo II e Ferdinando II.
Carlo Cresti, in Le fontane di Firenze (Bonechi 1982), presenta e analizza un totale di cinquanta fontane (più, prese collettivamente, quelle della villa di Pratolino), precisando di essersi limitato a quelle accessibili al pubblico. Di queste, ben sedici fanno parte del Giardino di Boboli, cinque di Palazzo Pitti, quattro di Villa Castello, due di Villa della Petraia.
La prima grande fontana pubblica fiorentina, la già citata Vasca del Biancone, realizzata tra il 1560 e il 1565 da Bartolomeo Ammannati (1511-1592), fu l'elemento più appariscente della trasformazione granducale, anche se non ebbe mai recensioni entusiastiche. Ha varie attribuzioni il celebre Ammannato, Ammannato, che bel marmo hai rovinato! (l'Autore si consolerà ampiamente costruendo il più bel ponte del mondo, quello di S. Trinita).
Vi furono poi due altri periodi storici in cui ci fu una particolare attenzione all'assetto delle fontane e dell'approvvigionamento idrico: quello pur breve del governo napoleonico, durante il quale si procedette soprattutto a restauri di strutture rese obsolescenti sia dal tempo sia dall'incuria; e quello di Firenze Capitale: il piano di Giovanni Poggi, che intendeva dare alla città un degno decoro, prevedeva numerose nuove vasche e fontane, anche se il suo progetto si concretizzò solo in parte: oltre alle vasche del Bobolino, di Piazza S. Gallo (ora Piazza della Libertà) e della Fortezza, è da ricordare il sistema di cascate che scendeva da Piazzale Michelangelo per le rampe fino a Porta S. Niccolò.
Ad ogni modo, il periodo mediceo, in special modo il XVII secolo, fu quello in cui sorsero le fontane più note di Firenze, ed a questo periodo appartiene quella dello Sprone. Era tradizionalmente attribuita al Buontalenti, e secondo Cresti si poteva "far risalire al 1608, nel quadro degli allestimenti messi in opera per il matrimonio di Cosimo II de' Medici unitamente alle statue poste sul ponte a S. Trinita". Tuttavia, sostiene Claudio Paolini nel Repertorio delle architetture civili di Firenze, "Recentemente si è chiarito come la fontana sia stata in realtà allestita al termine dei lavori dell'acquedotto voluto da Ferdinando II, nel 1638-1639, ed eseguita dallo scultore Francesco Generini."
Ma la nostra fontana non ha avuto solo problemi di attribuzione.
Nel 1815, l'architetto Giuseppe Del Rosso, all'Accademia dei Georgofili, rivendica da parte di una deputazione ad hoc l'avvenuto intervento sullo stato degli acquedotti fiorentini nonché sulle condizioni pietose di diverse fontane di Firenze, tra cui "quella all'imbocco del Borgo S. Jacopo dal lato del ponte a S. Trinita, la cui tazza era stata spezzata". Fu lui, infatti, a restaurarla. Un altro restauro fu necessario dopo il 1944, e non credo occorrano spiegazioni. L'ultimo intervento risale al 2014.
La vicenda tragicomica di cui dicevo all'inizio è datata 1984. Si era dunque in un periodo in cui bisogna ammettere che né cittadinanza né amministrazioni mostravano una attenzione particolare al decoro urbano e/o al nostro patrimonio artistico. Come testimonia la foto tratta dal libro di Carlo Cresti, già da qualche anno si era pensato bene di porre sopra alla fontana e sotto allo stemma mediceo (sì, quello con le palle) un non esteticissimo cartello stradale. Ma quando accanto al cartello stesso venne collocato pure un semaforo pedonale, un anonimo appose nottetempo un quadretto con un pittoresco epigramma:
TU
CHE LO SGUARDO
A QUESTA FONTE PONI
NOTA LA DIFFERENZA
FRA LE PALLE
E I COGLIONI
Pensavo che l'episodio fosse stato del tutto dimenticato, e invece no. Se ne parla sul sito dedicato a quello che solo in seguito si rivelò l'autore del gesto, un estroso artista fiorentino di nome Mario Mariotti (1936-1997), che anche in passato aveva compiuto gesti eclatanti. Ad esempio durante la campagna per il referendum sul divorzio (1974), per una notte proiettò un gigantesco NO luminoso sulla Cupola del Duomo.
Troverete le foto della vicenda narrata qui. Una di esse è un ritaglio di giornale nel quale si riporta che, due giorni dopo la comparsa della poesia, il quadretto e il semaforo vennero rimossi.
P.S. I cartelli attuali parlano di senso unico per Borgo S. Jacopo fino al 15 settembre. La fontana resterà deturpata fino allora?
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